La tecnologia ha sempre avuto un ruolo fondamentale nelle nostre società, ma la rivoluzione digitale l’ha resa se possibile ancora più pervasiva. Pervasiva e complessa da capire. Molte tecnologie ci appaiono quasi come magiche, per esempio quando un tocco su uno schermo ci fa arrivare a casa una merce, e allo stesso tempo estrae dati personali il cui uso non controlliamo o addirittura non conosciamo.
Più le tecnologie organizzano le nostre vite, lavoro e cultura, più si allarga il divario tra chi le usa passivamente e chi invece le produce e controlla. Sono elementi importanti in cui si giocano rapporti di potere sempre più asimmetrici.

TRA I TANTI LIBRI RECENTI sul rapporto tra umani e tecnica, due puntano proprio a scavare intorno a quella relazione per comprenderla meglio, dissacrarla e magari ribaltarla. In modi diversi, entrambi parlano di corpi sessuati (non succede spesso nel dibattito italiano sulla tecnologia), soggetti al potere patriarcale anche quando il loro agire nel mondo è mediato dalla tecnica. Sebbene siano davvero differenti l’uno dall’altro – come stile e premesse politiche – leggerli assieme li rende anche più interessanti di quanto non siano individualmente.

IL PRIMO è La tecnologia è religione di Chiara Valerio (Einaudi, pp. 128, euro 13). Valerio è una scrittrice e matematica che, in questo piccolo volume, propone una metafora religiosa per spiegare quel mondo. La tecnologia ha i suoi dogmi impenetrabili e i suoi sacerdoti, sostiene l’autrice, per esempio gli ingegneri che salvano non le anime nei cieli ma i nostri dati nella cloud. Promette un futuro dopo la morte, per esempio quando Alexa racconta una favola a un bambino imitando la voce della nonna che non c’è più (una funzionalità per ora solo sperimentale). Non è un saggio lineare, ma un percorso divertente, a tratti anche autobiografico, che descrive la tecnica come prodotto della cultura umana, spaziando dalla filosofia alle tecnologie che sono entrate nella sfera domestica, siano la lavatrice, il computer o i media sociali.

A COMPLETARE LE INTUIZIONI del libro di Valerio c’è Tecnologie Conviviali di Carlo Milani (Elèuthera, pp. 248, euro 17). L’autore da anni scrive e agisce per demistificare la tecnologia, andare appunto al di là del suo alone religioso, e al contrario immaginare una relazione diversa tra umani e tecnica. Propone un’idea di convivialità ispirata da Ivan Illich, filosofo che tuttavia critica quando sfocia nel pauperismo e nel rifiuto di alcune tecnologie. L’approccio libertario e hacker di Milani invece parla di un rapporto collettivo, creativo e giocoso. Il libro immagina forme di riappropriazione delle tecnologie che superino la delega agli esperti e rimettano in mano alle persone gli strumenti con cui esse creano la realtà attorno a loro.
Del resto, la tecnologia è uno dei prodotti umani per eccellenza, è cultura materializzata in oggetti tramite i quali ci relazioniamo con il mondo. Marx stesso diceva che la tecnologia è il modo in cui una società metabolizza la natura. Si tratti di un aratro o di un robot, le tecnologie che usiamo influenzano il nostro posto nel mondo. Per questo bisogna superare l’alone mistico che fa apparire le tecnologie come magiche, con i loro sacerdoti e rituali imposti.
Milani indica la strada per riappropriarsi delle tecnologie, capirle, modificarle, adattarle ai propri scopi e bisogni. Che si tratti di un hacker che riscrive un pezzo di codice per stimolarlo a fare qualcosa di nuovo e imprevedibile, o di un gruppo di bambine che, come accade a Milani nel suo libro, si chieda: dov’è TikTok? (spoiler: come tutte le piattaforme digitali, TikTok esiste nel mondo fisico, è fatta di server, cavi, computer, forme di proprietà e di potere tutte umane). Valerio invece ci porta dentro casa, nei processi in cui addomestichiamo le tecnologie e le accettiamo nella nostra sfera privata.

PURTROPPO NESSUNO dei due libri affronta in profondità il ruolo del capitale nel produrre e usare nuove tecnologie come strumenti di dominio e accumulazione di valore. O meglio, entrambi lo fanno con un po’ troppo ottimismo e per vie traverse. Sotto sotto, i due volumi parlano di tecnologie intrise dei rapporti di potere che plasmano la nostra società. Di magico non hanno nulla. Valerio lo dice tramite il racconto del rapporto multiforme tra cultura, corpi e tecnica. Milani propone una politica agli antipodi della passività.
Ma superare i miti che circondano la tecnica è il primo passo per riprendere in mano il nostro futuro tecnologico e politico, anche in un mondo dominato dalle tecnologie del capitale. Su questo i due autori sembrano concordare.