Pitonesse, vampiresse, pseudo sacerdotesse, diavolesse, panteresse di squame o pizzi vestite, streghe vendicatrici, vichinghi sovrappeso in perizoma e calzini bianchi di spugna, barbuti muscolosi in tacchi a spillo e guepière, urlatori in panciotti damascati, fauni in smoking tagliati a metà e poi geyser, cerchi infiammati, eruzioni, ondate tsunamiche, lampi, tuoni, tornadi, colonne di fuoco, ancheggiamenti, ammiccamenti, un po’ di folclore etnico spruzzato qua e là, la finale dell’Eurovision Song Contest è stata una maratona per due dei cinque sensi, nello specifico udito e vista. È stato tutto così sopra le righe, e i decibel, che alla fine lo spettatore avrebbe...