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Fra negazione e cinismo

A proposito della candidatura di Chiara Ferraro La difesa dei diritti e della dignità delle persone con autismo (e in generale con disabilità) non passa in alcun modo attraverso la negazione dei loro problemi

Pubblicato più di 8 anni faEdizione del 11 marzo 2016

La candidatura di Chiara Ferraro è stata una faccenda po’ grottesca e, in effetti, rappresenta il contrario di quanto si dovrebbe cercare di fare per creare contesti realmente inclusivi e realmente adatti alla vita e alla felicità delle persone con autismo. Tutti sapevamo che non c’era alcuna possibilità che questa ragazza venisse eletta; ma, in ogni caso, se anche fosse stato possibile, non le avrei augurato che accadesse. Se la sciagurata eventualità si fosse fantascientificamente realizzata, lei sarebbe stata infelice, un pesce fuor d’acqua, di fronte a difficoltà insormontabili.

Perché mai allora una proposta così assurda? È forse giustificata dall’obbiettivo generale di una qualche rivendicazione di pari dignità e di pari diritti? Sarebbe come proclamare il diritto delle persone sorde a fare i critici musicali; o delle persone non vedenti a partecipare alle olimpiadi di tiro al piattello. Le persone sorde hanno ovviamente pari dignità di tutte le altre persone e possono fare molte altre bellissime cose; così come le persone non vedenti e anche le persone con autismo, persino le più gravi. Si tratta, semmai, di crearne (veramente!) le condizioni. Non c’è invece alcuna «sensibilità» in una operazione che proclama l’astratto «diritto» di una persona con una grave disabilità sociale a esercitare un impossibile ruolo politico. E allora perché? Uso opportunistico di una questione «di moda» (l’autismo)? Il dubbio è legittimo.

Ma queste finzioni «politicamente corrette» portano spesso fuori strada. La difesa dei diritti e della dignità delle persone con autismo (e in generale con disabilità) non passa in alcun modo attraverso la negazione dei loro problemi; questa strada, irrispettosa delle loro caratteristiche, dei loro limiti e dei loro effettivi bisogni, è, anzi, la peggiore. In questa vicenda si esprime qualcosa che va ben oltre il problema del comprensibile atteggiamento, più o meno di negazione, della famiglia. Di fronte a questioni così dolorose, le famiglie, del resto, si difendono come possono. In questa goffa e un poco penosa vicenda mediatica si esprime purtroppo anche un certo cinismo pubblico, nonché l’arretratezza della riflessione sull’assenza di prospettive per decine di migliaia di persone con autismo. A soluzioni reali si sostituiscono astratte enunciazioni di diritti (di fatto impraticabili e impraticati) o vere e proprie finzioni e trovate «di immagine», a maggior gloria della falsa coscienza collettiva.

*presidente della Fondazione Genitori per l’Autismo e della fattoria sociale per persone adulte autistiche Cascina Rossago, professore ordinario di Psichiatria

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