Cultura

Fra fiaba e arte, l’universo fantastico di uno scrittore

Fra fiaba e arte, l’universo fantastico di uno scrittoreDalla mostra Cantafavole, foto di Francesco Margaroli

Mostre A Palazzo Ducale di Genova, l'esposizione «Calvino Cantafavole», a cura di Eloisa Morra e Luca Scarlini. Fra memorie d'infanzia, illustratori, artisti, pièce teatrali e televisione

Pubblicato 11 mesi faEdizione del 18 novembre 2023

Sognava di diventare un fumettista Calvino bambino e, quando ancora non sapeva leggere, inventava storie guardando le immagini del Corriere dei Piccoli. Da grande, invece, come un rapsodo antico, «cantò» e collezionò le leggende italiane, scandagliando le fiabe regione per regione e finendo per scrivere (con la ritessitura in una lingua comune) il più bel libro dedicato all’arte dell’affabulazione, quelle Fiabe italiane comparse da Einaudi nel 1956.

COSÌ, NELL’ANNO del suo centenario, non poteva mancare una mostra che coniugasse insieme, con sapienza e molte rarità – documenti riscoperti ed esposti per la prima volta, come l’autoritratto di Baudelaire, un tributo alla curiosità tutta calviniana di conoscere la creatività grafica degli autori letterari –, l’amore favolistico con le meraviglie della narrazione visuale. Parole, disegni, relazioni che si intrecciano creando tappeti infarciti di fantasia, ricordi, incursioni teatrali, musicali e, soprattutto, un palinsesto televisivo della Rai degli anni d’oro che, senza Italo Calvino e molti illustratori e artisti a lui vicini, non sarebbe mai nato.
Calvino Cantafavole, l’esposizione che Palazzo Ducale di Genova ospiterà fino al 7 aprile 2024, a cura di Eloisa Morra e Luca Scarlini (catalogo Electa), è concepita come una rigogliosa passeggiata su un palcoscenico che prevede cento tappe, con tanto di quinte del fantastico attrezzate dal teatro della Tosse (dedicate espressamente al Barone rampante, su idea di Emanuele Conte e Paolo Bonfiglio) e costellata da molti omaggi a Emanuele Luzzati, l’altro ligure che numerose passioni (e collaborazioni) condivise con lo scrittore – anche in televisione.

È una mostra centrifuga e centripeta allo stesso tempo, che inizia con le letture formative dell’infanzia (primo fra tutti, quell’Antonio Rubino di Viperetta, amico di famiglia della madre Eva, che Calvino contribuì a far ripubblicare da Einaudi), si sparge su angeliche e demoniache carte dei Tarocchi (matrici narrative de Il castello dei destini incrociati), vola su figurini teatrali e spartiti musicali (la sua «sceneggiatura» della mozartiana Zaide), passa la parola ad artisti come Enrico Baj, Giulio Paolini, Domenico Gnoli, Fausto Melotti, Toti Scialoja o Pablo Echaurren (di cui in Palomar ritroviamo tracce e riferimenti visivi ad alcune sue opere raffiguranti onde), assume prospettive visionarie con il Codex di Serafini e, infine, fa i conti con progetti «sudati» ma mai realizzati. Come quei materiali preparatori per il Teatro dei ventagli (era il 1977), serie di fiabe per la Rai, con Scialoja scenografo.
Parallelamente alla mostra nella loggia degli Abati di Palazzo Ducale, Casa Luzzati offre un approfondimento sul maestro e il suo lavoro per Calvino.

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