Cultura

Fra Dioniso e Arianna, l’ipogeo dei Cristallini nel rione Sanità

Fra Dioniso e Arianna, l’ipogeo dei Cristallini nel rione SanitàIpogeo dei Cristallini, ipogeo C, courtesy Luciano e Marco Pedicini

Archeologia Il sito apre oggi al pubblico, mostrando i suoi affreschi greci intatti

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 1 luglio 2022

Fuori dal perimetro delle mura della Napoli greca, il rione Sanità è stato per molti secoli zona di sepoltura: tombe a camera sono state individuate in via dei Cristallini, in vico Traetta e in via Santa Maria Antesaecula, ma il quartiere conserva anche i complessi cimiteriali catacombali paleocristiani di San Gennaro, San Gaudioso e San Severo oltre alla cava delle Fontanelle destinata a ossario a partire dal Seicento. Dal primo luglio i visitatori potranno accedere all’ipogeo dei Cristallini (massimo otto persone a turno, www.ipogeodeocristallini.org).

IL SITO RISALE alla fine IV secolo a.C. ma a lungo si è ritenuto che fosse di epoca romana: un equivoco generato dalla lunga continuità di utilizzo (fino almeno al I secolo d.C.), ma impianto e affreschi raccontano l’origine ellenistica influenzata dal modello delle tombe macedoni.
L’accesso si trova nelle fondamenta di un palazzo nobiliare, sotto l’attuale calpestio c’era la strada di epoca greca da cui si accedeva alle stanze in cui avvenivano i riti funerari. Da queste si scendeva alle camere ipogee: quattro ambienti uno accanto all’altro per custodire le spoglie dei membri delle famiglie, ambienti normalmente inaccessibili in cui si scendeva solo per deporre i morti.

NELLA CAMERA SUPERIORE della tomba C si trova una feritoia da cui probabilmente si facevano passare le offerte. Il sito era delimitato, da un lato, dal vallone dei Vergini e, dall’altro, dalla collina di Capodimonte in cui sono state scavate le tombe. Tutta l’area è ai piedi della collina da cui dilavavano le acque pluviali, la famosa «lava dei Vergini», che con fango e detriti ha finito per sommergere le sepolture.
«Si tratta di tombe che probabilmente si aprivano, con i loro ingressi monumentali, lungo un asse stradale verso Capodimonte – spiega il soprintendente Archeologia, belle arti e paesaggio di Napoli, Luigi La Rocca -. Tombe dei ceti emergenti della Neapolis di IV e III secolo a.C., si sono mirabilmente conservati i sarcofagi scolpiti e colorati come fossero letti tricliniari, le decorazioni pittoriche, le iscrizioni che ricordavano i nomi dei sepolti, le stele di marmo e gli oggetti in terracotta e metallo».

LE ISCRIZIONI, in particolare, si sono sovrapposte agli affreschi ellenistici: Napoli in epoca romana continua a esprimersi in greco, le scritte incolonnate sui sarcofagi probabilmente risalgono alle fasi più recenti di utilizzo delle sepolture e indicano nomi romani riportati con i caratteri greci, spesso associati alla formula «chaire» cioè addio. I romani però cominciano non più a inumare ma a incenerire i defunti, così nell’ipogeo dei Cristallini si trovano le olle utilizzate come urne cinerarie. La tomba D ha la stessa struttura delle altre ma con un sistema di nicchie che ricorda un colombario.

SONO CIRCA 700 I PEZZI attribuibili ai corredi funebri del complesso dei Cristallini, una parte esposta al Museo archeologico nazionale di Napoli. Nel sito si sono conservati affreschi greci intatti: blu egizio, ocra giallo e rosso, magenta e viola. Dagli studi è emerso l’uso di lacche rarissime con colori di origine vegetale, probabilmente robbia. La tomba B conserva manufatti, urne, altari e affreschi. La camera inferiore C, in particolare, è ricca di decorazioni pittoriche, tra cui la grande patera con le figure di Dioniso e Arianna ma, soprattutto, la testa di Medusa che domina dall’alto a protezione dei morti.
Il sito è privato (proprietà della famiglia Martuscelli), sotto il coordinamento scientifico della Soprintendenza e in collaborazione con I’Istituto centrale per il Restauro, si stanno realizzando gli studi necessari per acquisire una conoscenza completa dell’Ipogeo, dei materiali e delle tecniche di decorazione, dei meccanismi di degrado e della relativa interazione con l’ambiente.

SENSORI PLUVIOMETRICI, anemometri, misuratori della temperatura e dell’umidità forniscono le variazioni in corrispondenza dell’accesso di persone: dati fondamentali per capire se e in che misura l’apertura al pubblico è sostenibile in modo da evitare danni irreparabili. In collaborazione con l’Università Luigi Vanvitelli e Scuola Meridionale è stata realizzata la catalogazione dei reperti e una schedatura sistematica dell’intero sito archeologico, nell’ambito di uno studio sulle tombe a camera della Sanità.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento