Il Vecchio continente è in uno stato di turbamento da cui è impossibile distogliere lo sguardo. Così lo rappresenta infatti la XVIII edizione del festival Fotografia Europea (28 aprile – 11 giugno, con la direzione artistica di Tim Clark, Walter Guadagnini e Luce Lebart), che sceglie un titolo programmatico, Europe matters: visioni di un’identità inquieta, invitando con le sue numerose mostre a scorribande lungo i confini mobili e la fragilità di ideali che si frantumano ogni giorno nello scontro con feroci cronache. La rete costruita a Reggio Emilia dalle tante personali, dislocate in più sedi, è attraversata e scossa da un incerto presente: non a caso il paese ospite è la Bosnia Erzegovina (opere dalla collezione Ars Aevi a Palazzo Mosto).

Alessia Rollo

NEL LUOGO-FULCRO della manifestazione – i Chiostri di san Pietro – c’è il progetto Odesa dell’ucraina Yelena Yemchuk, in cui si ritraggono giovani di sedici e diciassette anni dell’Accademia militare che di lì a poco sarebbero stati coinvolti nel conflitto scoppiato nel cuore del loro paese. Ma ci sono anche le diverse narrazioni della diaspora africana: quella portoghese, rievocata da Mónica de Miranda nella sua Island, e quella afro-caraibica delle periferie parigine, descritta nel lavoro di Cédrine Scheidig (It is a Blessing to be the Color of Earth). Della Turchia, con Güle Güle (arrivederci) Jean-Marc Caimi & Valentina Piccinni esplorano i cambiamenti e le zone marginali della società, mentre The Archive of Public Protests con You will never walk alone raccoglie le tracce visive dell’attivismo sociale. Fra le italiane, Alessia Rollo (fotografa di origini pugliesi) ricerca le radici di riti e tradizioni del sud con il multimediale Parallel Eyes.
La mostra storica è dedicata a Sabine Weiss, una tra le più importanti voci della fotografia umanista francese, scomparsa nel 2021 all’età di 97 anni, e la rassegna della committenza allestita nei chiostri di san Domenico vede al centro il lavoro di Myriam Meloni (fotografa che vive fra Barcellona e Tangeri).

I VENTI DI GUERRA (accompagnati dal «ritorno» fra le macerie nel tentativo di ricostituire legami affettivi e una normalità quotidiana), soffiano anche in No Home from War: Tales of Survival and Loss, prima mostra in Italia del fotogiornalista inglese Ivor Prickett, allestita negli spazi della Collezione Maramotti con oltre 50 scatti. A Palazzo dei Musei, invece, si sbarca con Un piede nell’Eden. Luigi Ghirri e altri sguardi, articolata riflessione sull’elemento naturale e sul concetto di giardino.
Il festival è, come d’abitudine, arricchito di un circuito off, presenta un nutrito calendario di incontri (in conferenza Rossella Postorino e Paolo Rumiz con Loredana Lipperini) e rinnova l’attenzione alla fotografia giovane, con spazi per gli emergenti.