Fossili reperti, tracce visibili
Filmmaker Una sezione del festival che si tiene a Milano dal 15 al 24 novembre si chiama Experimental files e presenta i restauri dal 1912 alle avanguardie anni 70. Con l'eccezionale ricostruzione da frammenti di film della guerra in Libia
Filmmaker Una sezione del festival che si tiene a Milano dal 15 al 24 novembre si chiama Experimental files e presenta i restauri dal 1912 alle avanguardie anni 70. Con l'eccezionale ricostruzione da frammenti di film della guerra in Libia
Il programma del festival Filmmaker (15-24 novembre a Milano) si arricchisce quest’anno della collaborazione con il laboratorio La Camera Ottica – Film and Video Restoration dell’Università di Udine, all’interno di un progetto di ampio respiro che comprende la proiezione di alcuni film «lost and found» selezionati dai ricercatori. Il laboratorio, fondato nel 2002 da Leonardo Quaresima e diretto oggi da Cosetta Saba, oltre a costituire una vera e propria bottega in cui si trasmettono alle studentesse e agli studenti dei corsi in Dams e di Scienze del patrimonio audiovisivo e dell’educazione ai media gli strumenti di base riguardante il restauro e la preservazione del film e del video, rappresenta un punto di riferimento per la ricerca in campo audiovisivo.
Ne è esempio il film di Luca Comerio intitolato L’energica avanzata contro i ribelli di El-Baruni, databile attorno al 1912-1913 e riguardante la guerra di Libia – di cui Comerio fu testimone con le sue cineprese. Due frammenti del film, ritrovati nel 2017 da Silvio Celli a Gorizia, sono stati identificati all’interno del laboratorio da Diego Cavallotti e Andrea Mariani, i quali si sono avvalsi della consulenza di esperti di cinema militare e cinema muto come Luca Mazzei e Maria Assunta Pimpinelli. Frutto di un’operazione di «scavo e setaccio», il ritrovamento si è configurato come un piccolo punto di svolta nella ricostruzione della filmografia del pioniere milanese: la pellicola da «lost» è diventata «found» e ha arricchito quel repertorio formato, per esempio, da La presa di Zuara o da Sbarco a Tripoli.
COMERIO
La riscoperta del film di Comerio, che verrà proiettato anche durante l’apertura del festival, si inserisce perfettamente nelle linee di ricerca del laboratorio, in cui si svolgono, a più livelli, attività di archeologia dei media – intesa sia come revisione delle linee storiografiche «tradizionali» riguardanti i media sulla scorta dell’archeologia del sapere di Foucault sia come attività stratigrafica concernente reperti sepolti dalla polvere (in maniera letterale e metaforica). Tale riscoperta, infatti, ci spinge a interrogare il lavoro di chi si occupa della conservazione (passiva e attiva) e della valorizzazione dei beni culturali.
Per quanto riguarda L’energica avanzata contro i ribelli di El-Baruni, ci troviamo di fronte a un film in due parti in cui si rappresenta la resistenza dei ribelli turco-libici e la controffensiva italiana dopo l’armistizio di Ouchy (ottobre 1912), in cui viene sancita la conquista sabauda. Le immagini – la maggior parte delle quali è composta da esercitazioni e da operazioni di retrovia – costituiscono un ulteriore tassello della ricostruzione della guerra libica e, soprattutto, dell’avventura di Comerio, che si configura ancora oggi come un orizzonte misterioso.
Il significato profondo di ogni opera di scavo, di creazione di un reperto e della sua preservazione emerge così nella duplicazione analogica (elaborata presso i laboratori de’ L’Immagine Ritrovata di Bologna) e nel lavoro di preservazione digitale e valorizzazione compiuto insieme alla Cineteca del Friuli. Si tratta, infatti, di «interrogare» i territori locali, casa per casa se necessario, e di raccogliere le storie dei vecchi collezionisti, contribuendo a recuperare le loro pellicole – altrimenti destinate alla discarica. In seguito, si procede a preservarle e a riproporle al pubblico.
ZEMAN
Ciò vale non solo per un film «italiano» come quello di Comerio, ma anche – e paradossalmente – per Pan Prokouk Detective (1958), prodotto da Karel Zeman e realizzato da Zdenek Rozkopal grazie alla tecnica dello stop-motion con plastilina. Il film appartiene alla serie dedicata al personaggio inventato da Zeman: il suo alter-ego animato, il signor Prokouk, attraversa nove episodi, in ognuno dei quali assume connotati diversi (il burocrate, il regista, l’inventore, il detective, l’acrobata, etc.). Anche se si tratta di un film cecoslovacco, il rapporto con i territori locali è centrale per il suo recupero. L’edizione in 16mm che verrà presentata, infatti, è stata «offerta dalle Casse di Risparmio Italiane» (come recitano i titoli di testa del film) e una sua copia, nel corso degli anni, è entrata a far parte del circuito di distribuzione scolastica grazie all’Enam, ossia all’Ente nazionale per l’assistenza magistrale (fondato nel 1947). Questo ente forniva ai singoli provveditorati provinciali ausili alla didattica, fra cui edizioni in 16mm di pellicole cinematografiche.
Oltre a testimoniare della circolazione di film provenienti da oltre cortina, la presenza di Pan Prokouk Detective all’interno del circuito testimonia di una forte attenzione nei confronti della tecnica dell’animazione e di uno dei suoi maestri, ossia Karel Zeman. In particolare, per quanto concerne il film, si potrebbe affermare che Zeman e Rozkopal sperimentino non solo con la tecnica, ma anche con il genere: il personaggio di Prokouk, infatti, affascinato dalla vita dell’investigatore, decide di trasformare la propria quotidianità in una detection, inseguendo diversi sospetti di efferati crimini e compiendo divertentissimi errori.
Il resto del programma pertiene a un’altra rilevante linea di ricerca del laboratorio, ossia al cinema underground, sperimentale e d’artista internazionale e nazionale.
Per quanto concerne il primo insieme (i film internazionali), il riferimento è, ovviamente, Paura in città di Davorin Marc (1984), il cui restauro costituisce una delle pietre miliari, insieme a quelli dei film di Karpo Godina, di un progetto di recupero del cinema yugoslavo (dalla black wave in avanti) avviato in collaborazione con Slovenska Kinoteka. Il film non si sviluppa lungo veri e propri archi narrativi, ma si basa sull’associazione di immagini e sulla creazione di un’atmosfera post-punk attraverso cui è possibile scorgere la vita degli ambienti underground yugoslavi dell’epoca. Girato in Super8, procede, a livello testuale, per successive stratificazioni di forme linguistiche e di contenuti, presentando Marc come uno degli eredi della black wave balcanica.
Riguardo al secondo insieme (la scena italiana), appare fondamentale il lavoro di scavo di Lisa Parolo, che ha curato questo mini-programma insieme a Filmmaker e a Diego Cavallotti. In particolare, si rimanda ad Amarsi a Marghera (Il bacio) di Sirio Luginbühl (1970), Senza titolo (Film bruciato e bollito) di Mario Sillani (ca. 1968) e Film a strisce di Michele Sambin (1976).
Per quanto concerne Amarsi a Marghera (Il bacio), si tratta del celebre film di Luginbühl ambientato in una discarica di Marghera, dove una ragazza e un ragazzo, nudi, si baciano. Attorno a loro, un gruppo di cameramen li riprende o fotografa. La domanda che pone Luginbühl attraverso queste immagini è la seguente: è possibile amarsi in un luogo così ostile? Si viene a creare, così, una dicotomia tra la bellezza dei corpi nudi e l’ambiente devastato, con un’enfasi posta sul ruolo dei media, più attratti dall’eros dei primi che non dalla condizione critica del secondo.
Senza titolo (Film bruciato e bollito) di Mario Sillani, artista e presidente della Cappella Underground di Trieste tra il 1968 e il 1973, ha come oggetto proprio la città giuliana, rivista attraverso le dinamiche di un linguaggio astratto in movimento, che, grazie alla bruciatura dei fotogrammi della pellicola, giunge a una decostruzione estrema dell’immaginario urbano.
Infine, si fa riferimento a Film a strisce (La petite mort) e al suo orizzonte sperimentale. È possibile comprenderlo in maniera profonda solo se si prendono in considerazione le sue ultime immagini, ossia quelle di una donna che emerge dalle lenzuola: la sua presenza rivela lo spazio privato dei sentimenti, in cui rifugiarsi dopo la scomposizione del paesaggio esteriore, ottenuta grazie a una serie di sovrimpressioni. Queste ultime stratificano le immagini fino ad arrivare alla saturazione, al contempo minima e massima, della luce pura.
*Curatore del programma Experimental Files con Lisa Parolo
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento