Forza Italia si specchia nel video del vecchio sovrano
Arriva il messaggio di Berlusconi registrato al San Raffaele. Finché Silvio c’è, c’è anche Fi
Arriva il messaggio di Berlusconi registrato al San Raffaele. Finché Silvio c’è, c’è anche Fi
Silvio c’era, Silvio c’è e finché c’è lui c’è anche Forza Italia. Poi chissà. Lo sanno i forzisti in platea, e scattano in piedi di fronte al video arrivato fresco fresco dal San Raffaele. Lo sanno Gasparri e Tajani. Hanno scelto personalmente le immagini del pre-video che introduce il pezzo forte: una storia succinta di Fi in cui si vede solo lui, Berlusconi. Non solo leader, fondatore e padrone ma qualcosa di più: il partito.
Lo sa anche lui, il Cavaliere campione imbattuto di comunicazione. Non importa che il viso sia gonfio e invecchiato, provato dagli anni e dalla malattia. Non importano la voce strascicata o il set ricostruito in una sala d’ospedale e si vede. Conta che il grande imbonitore sia sempre se stesso: questo va dimostrato e l’anziano mattatore a modo suo ci riesce. L’esordio spavaldo: «Qualche notte fa mi sono svegliato con una domanda in testa: ma che ci faccio qui?». È «la mia Marta», fata buona, a rispondere: «Perché ti stai impegnando molto, forse troppo, per salvare la nostra democrazia e la libertà».
PRESO L’ABBRIVIO, nonostante la lingua incespichi, il sovrano d’Arcore prosegue in discesa. Mente spudoratamente trasformando la storia della nascita di Fi in una favola per bambini molto piccoli: l’annuncio a sorpresa giusto la sera prima della discesa in campo, che fa stramazzare i convitati, parenti, amici, dirigenti. Quel che in quella vigilia sapeva tutta Italia, solo a loro era ancora ignoto. Evoca mamma Rosa, onnipresente spirito del Bene, che lo abbraccia nella notte: «Te ne faranno di tutti i colori, ma sono passata di fronte alla nostra casa, la casa della felicità, e ho capito che se tu non trovassi il coraggio di farlo non saresti l’uomo che tuo padre e io abbiamo creduto di educare». Abbraccio. Dissolvenza.
Non c’è fiaba senza orco e l’orco è sempre lo stesso: i comunisti, col loro odio per la libertà e per la proprietà privata, le mani grondanti del sangue di 80 milioni di vittime. Erano alle porte, stavano per divorare il Paese, nessuno era in grado di fermarli, solo il suo personale sacrificio poteva evitare l’inevitabile. I comunisti che ci circondano ancora, con le fattezze dell’imperialismo cinese al quale l’Europa, senza un esercito comune, non potrebbe oggi resistere: «Se ci invadessero potremmo solo correre a scuola a imparare il cinese». Scappa da ridere anche a lui.
NON VUOLE ESSERE credibile Berlusconi. Sa che nessuno gli crederà e gli va benissimo così. La sua forza è da sempre quella spudorata e a modo suo innegabilmente simpatica improntitudine che gli consente di spararle grossissime sapendo benissimo che nessuno prenderà per buone le sue parole ma una complicità anche più profonda si creerà lo stesso. Questo era il Berlusconi giovane e gagliardo dell’«Italia è il Paese che amo», quello già quasi anziano ma sfrenato e sfacciato della Ruby «nipote di Mubarak». È lo stesso ancora oggi, nonostante il corpo lo assista sempre meno.
La missione del video è solo questa: deve dimostrare che Berlusconi è sempre se stesso e ci riesce. È impossibile capire se l’uomo sappia che i nodi stanno per arrivare al pettine e se ne disinteressi o se la sua titanica convinzione di essere eterno gli impedisca di vedere la realtà. La «spina dorsale» del governo, come definisce senza lesinare in iperbole quel che resta di Forza Italia, è un partito balcanizzato, in cui le bande non si saltano reciprocamente alla gola solo perché c’è lui e finché ci sarà lui. Ci sono i «fasciniani», impegnati nella missione impossibile di inventare dal nulla una Evita Peron. I «ronzulliani», che acclamano la capogruppo ribelle e affiggono i suoi manifesti provocando le ire di Tajani: infatti scompaiono subito.
Soprattutto c’è il capogruppo defenestrato Cattaneo. Pronuncia parole che sarebbero ovvie ovunque ma nel reame d’Arcore sono una bestemmia: «Dobbiamo costruire un partito scalabile e basato sul merito. Un partito aperto e contendibile». Vagli a dar torto, ma come si fa a trasformare in partito, senza bisogno di ulteriori aggettivi, una formazione politica che in trent’anni non ha mai conosciuto un vero congresso, in cui tutto è stato sempre deciso da un uomo solo? Bisognava pensarci per tempo e quel tempo è passato. Forza Italia è Berlusconi. Dunque, nonostante la leggendaria tenacia dell’uomo, è quello che si è visto ieri nel video del San Raffaele.
LO HA VISTO DI CERTO anche Meloni e ci ha trovato conferma della svolta governista decisa dal Cavaliere subito prima del ricovero. Il solo vero passaggio politico nei 20 minuti di messaggio arriva alla fine, quando Berlusconi si complimenta con quelli che «non sono solo alleati ma amici». Nel gergo berlusconiano, che mischia sempre la dimensione politica e quella privata, è un pronunciamento chiaro e, congresso o non congresso, senza appello.
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