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Forte accelerazione del contagio. L’ Ue: misure «forti e immediate»

Forte accelerazione del contagio. L’ Ue: misure «forti e immediate»Passanti a Roma – LaPresse

Bollettino settimanale L’incidenza passa da 176 a 241 casi settimanali ogni centomila abitanti. Tutte le regioni con un’incidenza superiore alla media nazionale sono nel nord Italia.

Pubblicato quasi 3 anni faEdizione del 17 dicembre 2021

Il virus ha ripreso a correre. Non lo dicono solo i 26 mila nuovi casi e i 123 decessi registrati nelle ultime 24 ore. È il bollettino settimanale a dare la descrizione più esatta di una crescita che, invece di rallentare, accelera. L’incidenza a livello nazionale è salita a 241 casi settimanali per centomila abitanti, il 37% in più dello scorso venerdì. Anche i decessi sono cresciuti del 37% in questa settimana. Al contrario, e per fortuna, è molto più limitato l’impatto del virus sugli ospedali. Il numero di pazienti ricoverati è cresciuto, ma solo del 16%. In terapia intensiva, l’aumento è del 13%.

L’epidemia divide in due il Paese. Tutte le regioni con un’incidenza superiore alla media nazionale sono nel nord Italia. Tra quelle con un’incidenza inferiore alla media, vi sono solo regioni del centro-sud. L’incidenza più alta è sempre quella registrata nella provincia di Bolzano, in Veneto e in Friuli-Venezia Giulia. Da lunedì entreranno in zona gialla anche la provincia di Trento e la Liguria, che già a metà settimana – quando la cabina di regia prende le sue decisioni – presentavano tassi di occupazione degli ospedali superiori alle soglie critiche (10% in terapia intensiva e 15% negli altri reparti). A rischio di declassamento anche Marche e Veneto.

Per evitare un Natale in giallo, molte regioni stanno allestendo nuovi posti letto disponibili per abbassare questi parametri. Ieri, ad esempio, la Lombardia ha dichiarato oltre 500 posti letto in più. Questo consente alla regione di non oltrepassare le soglie per la zona gialla per pochi decimali. A norma di legge, i nuovi posti letto non dovrebbero incidere sul resto dell’attività degli ospedali. Ma come hanno mostrato diverse inchieste molto spesso si tratta di posti letto che esistono solo sulla carta, o che distolgono medici e infermieri da altre emergenze sanitarie.

Il numero dei casi è purtroppo destinato a crescere ulteriormente nelle prossime settimane, per almeno due motivi. Il primo è che i provvedimenti anti-pandemia attuali sono molto deboli. Rispetto alla zona bianca, quella gialla comporta solo l’obbligo di mascherina all’aperto, una misura che impatta in minima parte sulla circolazione virale. La seconda ragione è che la variante Omicron sta probabilmente alimentando i focolai di mezza Europa. In Danimarca, dove si registra un’incidenza oltre tre volte superiore a quella italiana e una delle maggiori al mondo, la variante dovrebbe sopravanzare la Delta nel giro di una settimana.

Se stia succedendo la stessa cosa anche in Italia è difficile saperlo, perché nelle ultime settimane è proceduto a rilento il lavoro di «sequenziamento» del virus. Si tratta dell’analisi approfondita del genoma del virus in grado di classificare i ceppi virali in circolazione. Secondo l’Oms e il Centro europeo di controllo delle malattie (Ecdc), dovrebbe riguardare il 5% (possibilmente il 10%) dei tamponi. L’Italia ha rispettato questa raccomandazione fino a ottobre, quando il 5,7% dei tamponi era stato sequenziato. Poi l’ondata virale sembra aver travolto anche i laboratori di analisi.

Secondo l’ultimo report dell’Iss sul tema, datato 6 dicembre, sono noti attualmente i risultati del sequenziamento solo del 2% dei tamponi prelevati a novembre.

Ieri l’Iss ha pubblicato i risultati dell’ultima indagine rapida, relativa a circa duemila tamponi raccolti il 6 dicembre. L’indagine dovrebbe osservare una cadenza mensile. Eppure, l’Iss non ne realizzava una dal 28 settembre a dimostrazione che il sequenziamento non è tra le priorità del nostro servizio sanitario. Secondo i risultati del monitoraggio, la variante Omicron rappresenterebbe ancora una quota irrisoria dei ceppi circolanti, lo 0,2%, ma il campione è troppo limitato perché questo dato sia considerato pienamente affidabile. Secondo una valutazione del rischio aggiornata a ieri da parte dell’Ecdc, «è probabile che la Omicron diventi dominante in Europa entro i primi due mesi del 2022». Per gli esperti «una forte e immediata riduzione dei contatti è necessaria per evitare un picco di nuovi casi causati dalla Omicron e per gestire il carico sanitario e di mortalità nel breve termine, anche con un’immediata accelerazione delle campagne vaccinali».

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