Settima edizione per Forlì Open Music, una delle più importanti rassegne internazionali dedicata ai molteplici linguaggi musicali del presente, con la direzione artistica di Area Sismica. Note al presente è il titolo di quest’anno, anche se con il live di Luigi Ceccarelli (elettronica) e Gianni Trovalusci (flauti) siamo in un futuro remoto. Le macchine pensanti del compositore allagano di enigmi la sala nera di Ravaldino in Monte, elaborando in diretta i suoni del flautista, già al lavoro con Roscoe Mitchell, in un’alchimia che ha del prodigioso; brulicare dai sottomondi, esplorazioni cosmiche e intime, un fluire magmatico e liberissimo, che si muove secondo un andamento che ha un che di sinfonico, tra composizione istantanea, free electronics, pura avanguardia, musica delle sfere e ambient del dopo bomba. Un vero e proprio inno alla libertà della creazione: magistrali. Dedicato all’impro-noise senza compromessi il set dell’altro duo, Cadaver Mike, con Guido Marziale ai giradischi e il funambolico Stefano Costanzo alla batteria. Sincopi, fibrillazioni, polvere, ruggini, come il suono di un mangiacassette con le pile quasi scariche recuperato in una discarica. Una grandine di colpi e di stimoli col ritmo e le interferenze a farla da padrone: una scarica di energia con un finale parossistico e la capacità di passare dalla concitazione alla rarefazione. Un trio che non fa prigionieri: Ingrid Laubrock a sax tenore e soprano, Tom Rainey alla batteria e Brandon Lopez al contrabbasso. Free della più bell’acqua

SI RIPARTE la domenica mattina all’Istituto Masini in centro a Forlì con i quattro pianoforti del Chigiana Keyboards Ensemble a celebrare i cento anni dell’olandese Simeon Ten Holt, un autore molto raro da ascoltare in Italia, di cui interpretano “Canto Ostinato”: un minimalismo un po’ stucchevole, tra Glass e il Nyman più pop. Non convince appieno nemmeno il primo set dell’ultima tranche pomeridiana all’Area Sismica con Pelle Verde, un quartetto con violoncello, tamburo a cornice, voce ed elettronica, che si muove tra elettronica, etno-dub, improvvisazione e suggestioni turche (la cantante Bayza Cakir): interessanti i presupposti, perfettibile il risultato. Notevole invece Ciro Longobardi, pianista avvezzo a frequentare materiali avventurosi, alle prese con “Inner Cities 12” di Alvin Curran, dedicata a Helen Carter, moglie del compositore Elliott. Un pezzo enigmatico e denso di austero languore, capace di ipnotizzare nei frangenti più rarefatti e di smuovere in quelli più turbolenti, anche grazie alla rara sensibilità dell’interprete. Una meditazione zen, un’elegia distante talvolta scossa da lampi tellurici: magnifica. Si chiude in crescendo con un trio che non fa prigionieri: Ingrid Laubrock a sax tenore e soprano, Tom Rainey alla batteria e Brandon Lopez al contrabbasso. Free della più bell’acqua, teso, lirico, ispirato, tra tempesta e vertigine, con idee a getto continuo, invenzioni, dialogo e una tensione creativa sempre alta. Perfetta chiusura per una manifestazione che si conferma unica in Italia. Appuntamento all’anno prossimo, con la speranza di poter tornare negli spazi della ex chiesa di San Giacomo.