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Foreign Affairs: crisi ucraina, colpa dell’Occidente

Foreign Affairs: crisi ucraina, colpa dell’Occidente/var/www/ilmanifesto/data/wordpress/wp content/uploads/2014/12/30/31est2f03ucraina – Reuters

Media internazionali Al contrario dell'Italia, i media internazionali hanno sottolineato l'importanza dei neonazi nella Majdan e gli errori occidentali

Pubblicato quasi 10 anni faEdizione del 31 dicembre 2014

La stampa italiana, a parte rare eccezioni, ha offerto un’informazione a senso unico su quanto accaduto in Ucraina. Diverso è stato l’atteggiamento dei media internazionali, più disposti a criticare gli Stati uniti e più in generale l’Occidente, rispetto a quanto non abbiano fatto la maggior parte dei media italiani.

Nel novembre scorso, poco dopo le elezioni in Ucraina, il Guardian, ad esempio, ha pubblicato un articolo dal titolo emblematico, L’Ucraina ha ignorato troppo a lungo l’estrema destra, nel quale si legge: «Il principale partito ucraino di estrema destra Svoboda non ha ottenuto un buon risultato elettorale, sfiorando la soglia minima del 5%.

Non è stato dunque in grado di ripetere il successo del 2012, quando ha ottenuto oltre il 10%, sfruttando l’immagine di partito più radicale contro l’ex presidente Viktor Yanukovich, in contrasto contro la screditata opposizione moderata. Il sostegno al partito potrebbe essere stato favorito da sentimenti anti-Yanukovich ma non dovrebbe essere interamente liquidato come un voto di protesta; il risultato del 2012 fu infatti significativamente più importante di quello del 2007 quando prese lo 0,8%.

Inoltre, Settore Destro, costituito da frange di gruppi ultra-nazionalisti è stato in grado di formare un partito e ottenere l’1,8%, ovviamente prendendo qualche voto da Svoboda. È quindi miope concludere che l’estrema destra ucraina sia insignificante in base alla mancanza di successo elettorale. La retorica di molti politici, che potrebbero essere considerati centristi o addirittura liberali si è spostata sensibilmente verso destra».

Sulla vicenda ucraina si sono aperte interpretazioni di ogni genere ma più in generale, oltre alla miope sottovalutazione dell’estrema destra in Ucraina, la stampa mainstream ha sempre sottolineato per lo più le responsabilità di Putin, innegabili nella «presa» della Crimea e nel sostegno ai «filorussi», ma senza ricordare come quella della Russia sia stata una reazione a una sorta di rottura di un patto, che aveva sancito la fine della Guerra Fredda. Di queste responsabilità occidentali, si è occupata la prestigiosa rivista americana (dunque l’analisi risulta ancora più interessante) Foreign Affairs in un articolo dal titolo ancora una volta emblematico: Perché la crisi ucraina è colpa dell’Occidente.

Scrive John J. Mearsheimer: «Gli Stati uniti e i loro alleati europei condividono la maggior parte della responsabilità della crisi.
La radice del problema è l’allargamento della Nato, l’elemento centrale di una strategia più ampia per spostare l’Ucraina fuori dall’orbita della Russia e integrarla in quella occidentale. Allo stesso tempo, anche l’espansione dell’Ue verso est e il sostegno dell’Occidente al movimento per la democrazia in Ucraina – a cominciare dalla rivoluzione arancione nel 2004 – sono stati elementi di criticità. Dalla metà degli anni 1990, i leader russi si sono fermamente opposti all’allargamento della Nato e negli ultimi anni hanno messo in chiaro che non sarebbero stati a guardare mentre il loro vicino di grande importanza strategica viene trasformato in un bastione occidentale. Per Putin, il rovesciamento illegale dell’ex Presidente Yanukovich, filo russo e democraticamente eletto- che ha giustamente etichettato come un «colpo di stato» – è stata l’ultima goccia che ha fatto traboccare il vaso.

Ha risposto prendendosi la Crimea, una penisola che temeva avrebbe potuto ospitare una base navale della Nato, lavorando per destabilizzare l’Ucraina fino a quando non avesse abbandonato i suoi sforzi per aderire all’Occidente.

Il pushback di Putin doveva essere una sorpresa. Dopo tutto, l’Occidente si è mosso nel cortile di casa della Russia, minacciando i suoi interessi strategici fondamentali. (…) La crisi ci dimostra che la realpolitik rimane rilevante – e afferma che ignorarlo è a proprio rischio e pericolo. Gli Stati uniti e i leader europei commesso un errore grossolano nel tentativo di trasformare l’Ucraina in una roccaforte occidentale al confine della Russia.

Ora che le conseguenze sono state messi a nudo, sarebbe un errore ancora più grande continuare questa politica illegittima»

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