L’Unione degli Universitari (Udu) ha presentato un esposto alla Corte dei Conti e ha inviato una lettera alla Commissione europea sul finanziamento degli alloggi per studenti con i fondi Pnrr da parte dei ministero dell’Università e della ricerca (Mur). Nel 2022 il Mur avrebbe dovuto creare 7.500 nuovi alloggi, ma in realtà sono stati finanziati soprattutto posti privati già esistenti, a volte addirittura già convenzionati con gli enti per il diritto allo studio, come il Camplus Darsena di Ferrara, o posti già in costruzione e previsti senza il contributo pubblico, come i posti di Hines a Milano, locati all’Università Statale per nove anni con 11 milioni di euro del Pnrr.

Dopo le denunce dell’Udu, anche la Commissione europea ha ritenuto inammissibili questi posti per il raggiungimento del target intermedio del 2023, decurtando i fondi dalla terza rata. Il governo ha rimodulato il target rimandando tutto al 2026. Ma si è anche fatto carico di coprire i contributi in parte già erogati per quei posti, che nuovi non sono, con il bilancio statale. Un comportamento paradossale, scrive l’Udu, che rileva «un danno quantificabile in 262 milioni di euro», ovvero l’importo stanziato dal governo.

L’Udu evidenzia l’assurdità «di allocare ingenti somme di denaro pubblico a favore di residenze studentesche principalmente private» con l’unico obbligo di destinare il 20% dei posti letto al diritto allo studio per un periodo di tre anni, «senza che ciò si traduca sempre in un effettivo aumento della disponibilità di alloggi per gli studenti».

Il ministero ha motivato la spesa con il vincolo di destinazione d’uso di 12 anni degli immobili come residenze universitarie. Ma questo significa finanziare «il mantenimento dello status-quo», nota l’Udu, secondo cui è ingiustificabile «allocare risorse finanziarie milionarie per vincolare delle residenze studentesche a mantenere una funzione che già esercitavano efficacemente e in maniera lucrativa» senza appunto aumentare la disponibilità di alloggi. «Per questo –  spiega Simone Agutoli dell’Udu – chiediamo alla Procura contabile di fare chiarezza sulle responsabilità di questa spesa inutile, accertando la possibile esistenza di un danno erariale».

Tramite 15 accessi civici a diversi enti regionali, l’Udu ha inoltre verificato che i posti destinati al diritto allo studio sono pagati due volte: lo Stato ha versato fino a 40mila euro per posto letto per la ‘realizzazione’ degli alloggi, anche quando già esistenti, mentre i fondi regionali coprono la locazione dei posti, di cui beneficiano gli studenti, a canoni che arrivano fino a 380 euro al mese per posto, quindi a costi quasi di mercato.

Per esempio, la residenza CX Turin Belfiore, aperta dal 2021, ha ricevuto quasi 10 milioni di euro dal Pnrr per 247 posti. Di questi solo 49 sono riservati al diritto allo studio e sono locati all’ente per il diritto allo studio a 245 euro al mese per 11 mesi. Altri casi simili, segnalati nell’esposto alla Corte dei Conti, riguardano gli studentati privati CX, Camplus e Restudent a Ferrara, Torino, Mestre e Firenze.

Le convenzioni tra i gestori e gli enti regionali esaminate dall’Udu sono annuali, e non è chiaro quali saranno in futuro i canoni. Il Politecnico di Milano e l’Azienda per il diritto allo studio dell’Aquila non hanno risposto alle richieste di informazioni dell’Udu, «rifiutandosi di inviare gli accordi stipulati e violando la normativa vigente sulla trasparenza».

Infine, il sindacato studentesco denuncia l’assenza di copertura economica per la quota di posti destinati al diritto allo studio da creare con il nuovo bando del Mur. Il bando, pubblicato a febbraio, stanzia 1,2 miliardi di euro per 60mila nuovi posti entro il 2026; il 30% sarà destinato al diritto allo studio. Ma dal quarto al dodicesimo anno i gestori privati potranno chiedere agli enti regionali e alle università fino al 75% del prezzo di mercato: secondo la stima dell’Udu, potrebbero servire 100 milioni di euro l’anno. Chi li pagherà?