La seconda carica dello Stato a Basovizza con un giorno di anticipo sul 10 febbraio, oggi, giorno della Cerimonia ufficiale che sembra incentrata tutta al Quirinale dove Mattarella, novità, ha invitato per la prima volta anche i rappresentanti delle due maggiori associazioni slovene di Trieste.

IGNAZIO LA RUSSA È arrivato ieri a Basovizza per rendere omaggio alla foiba, si è inginocchiato, si è fatto il segno della croce, ma la sosta all’aperto è stata brevissima e poi subito al Centro Visite, pochi minuti e pochi accompagnatori, uno scarno manipolo di Consiglieri comunali e regionali tutti di Fratelli d’Italia ma anche il Vicepresidente del Consiglio regionale, già senatore del Pd, Francesco Russo: «Sono qui In rappresentanza del Consiglio regionale. La memoria delle vittime non ha colore politico nonostante il tentativo che spesso riemerge di un uso strumentale di queste giornate. Ce lo ha ricordato bene il presidente Mattarella nella sua storica visita con il presidente sloveno Pahor».

POCHE PAROLE NELLA VISITA lampo a Basovizza dal Presidente del Senato: «Oggi le foibe e l’esodo appartengono finalmente a tutti gli italiani e finalmente possiamo parlare di una memoria condivisa e proprio grazie all’istituzione di questa giornata che sono orgoglioso di avere aiutato a diventare la realtà che è ora». Un omaggio dovuto agli infoibati? «In queste foibe ci sono vittime innocenti: militari, per motivi di ideologia, ma più semplicemente la verità è che erano italiani. Questa è la vera causa che scatenò l’odio titino». Il cavalierato conferito dalla Repubblica italiana a Tito nel 1969? «Dipendesse da me l’avrei già revocato».

TRA GLI SLOVENI IN CARSO c’è silenzio, probabilmente rabbia, sicuramente amarezza, sentimenti condivisi dagli antifascisti italiani: non piace passare per una genìa di assassini quando si è combattuto e si è intriso il Carso del proprio sangue per liberarsi, e liberare, da una tirannia oppressiva e violenta che negava lingua e cultura, che fucilava e bruciava paesi. Si era inutilmente sperato, ancora una volta, di non sentir più parlare di orde titine dedite alla pulizia etnica.

INTANTO, SI PENSA AD ALTRO: l’8 febbraio nella Repubblica di Slovenia è giorno di festa nazionale, Festa della Cultura, compleanno del grande poeta sloveno France Prešeren, e anche la comunità slovena in Italia organizza concerti e spettacoli lungo tutto il fine settimana. Ed è la prima volta che questa ricorrenza trova l’alto patrocinio dei Presidenti di entrambi gli Stati, Sergio Mattarella e Nataša Pirc Musar. Attente a mantenere integri i rapporti di amicizia e buon vicinato con l’Italia, Croazia e Slovenia non hanno mai reagito pubblicamente alle affermazioni sopra le righe di molti politici italiani ma il silenzio non è mai stato riconoscimento. All’entrata in vigore della legge istitutiva del Giorno del Ricordo la Slovenia ha risposto individuando nel 15 settembre una propria data da celebrare: il ritorno della Primorska, del Litorale, alla madrepatria, quando, con il trattato di pace del 1947, la maggioranza degli sloveni di questi territori è diventata jugoslava.

LE MODALITÀ DELLE celebrazioni alla foiba di Basovizza e alcuni film prodotti in Italia per ricordare l’esodo, hanno comunque suscitato reazioni e proteste oltreconfine, si sono espressi ministri e capi di Stato e più volte si è chiesto all’Italia di fare i conti con il fascismo. Fino al 2020 con il Presidente sloveno Pahor che ha portato il nostro Presidente Mattarella a onorare il cippo dei quattro sloveni fucilati a Basovizza, eroi per la loro gente ma ancora oggi terroristi per sentenza del Tribunale speciale fascista. La contropartita era stata la visita comune alla foiba che ha creato non pochi problemi al Presidente sloveno, contestato in patria per quel suo omaggio che appariva ammissione di colpa, accettazione di bugie, ragion di stato che calpestava la storia.

LA REPUBBLICA ITALIANA riconoscerà mai gli orrori commessi dal fascismo nella Jugoslavia occupata? Nessun rappresentante della nostra Repubblica, mai, è andato a inchinarsi davanti a quelle vittime o ha ricordato i 40.000 miliari del nostro esercito passati a combattere tra le fila dei partigiani jugoslavi e i 3.600 che così sono morti. Andrà il Presidente Mattarella al campo di concentramento sull’isola di Rab, come hanno chiesto il Presidente dell’Anpi Pagliarulo e i suoi omologhi sloveni e croati, campo di sterminio più che di concentramento visto che l’Italia fascista vi ha lasciato morire di fame e malattie almeno 1.500 fra donne e bambini?

TRIESTE E IGNAZIO LA RUSSA per uno Giorno del Ricordo a senso unico sempre più pervasivo, dilatato, un elenco di iniziative, cerimonie, esternazioni, sedici associazioni coordinate dal Comune per quaranta, quaranta!, giorni di appuntamenti con le scolaresche mobilitate sempre e dovunque. Intorno al Giorno del Ricordo Trieste sembra catapultata al centro di un vortice, bombardata di parole e di nostalgiche commozioni, ancora, dopo ottant’anni dalla fine della guerra: lasciarla inchiodata alla cultura del “noi, poveri perseguitati” e “loro, barbari assassini” permette così anche ai fascisti di diventare vittime.