Flop al Fondaco dei Tedeschi, l’alta moda chiude: 500 a casa
Venezia A due passi dal ponte Rialto, i turisti ormai salgono solo per fare foto e non comprano. L’assessore: Dfs ci ha avvertito solo a decisione presa. La Cgil: per la città il modello estrattivo è nocivo
Venezia A due passi dal ponte Rialto, i turisti ormai salgono solo per fare foto e non comprano. L’assessore: Dfs ci ha avvertito solo a decisione presa. La Cgil: per la città il modello estrattivo è nocivo
La notizia era nell’aria grazie a una mail inviata qualche giorno fa ad alcuni dei 226 dipendenti del Fondaco dei Tedeschi, ma la conferma è arrivata solo giovedì dall’assessore allo sviluppo economico del Comune di Venezia, Simone Venturini. «Abbiamo appreso oggi, con grande disappunto e preoccupazione, della decisione di Dfs Group di cessare l’attività all’interno del Fondaco dei Tedeschi. Una scelta che avrà un impatto drammatico per 226 persone, oltre all’indotto, del nostro territorio e per le loro famiglie». L’avessimo saputo prima, spiega l’assessore che si dichiara «arrabbiatissimo», «ci saremmo adoperati per individuare, insieme a tutti i soggetti coinvolti, possibili percorsi alternativi da una così drastica soluzione». La notizia della chiusura del Fondaco è stata confermata anche da uno scarno comunicato del gruppo Dfs in cui si fa riferimento «alle prospettive economiche molto critiche che Dfs e il settore del travel retail stanno affrontando a livello globale e, in particolare, dai risultati negativi del negozio di Venezia». Risultati negativi che hanno comportato un “rosso” che ha sforato i cento milioni.
Nello stesso comunicato, la Dfs ha annunciato che non rinnoverà il contratto di locazione con i Benetton, attuali proprietari del Fondaco, in scadenza a settembre del prossimo anno e che provvederà sin dai primi mesi del 2025 a chiudere la sessantina di boutique attualmente presenti nel duecentesco palazzo veneziano, antico punto d’approdo delle merci provenienti dalle città germaniche, che sorge proprio nel cuore della città, a ridosso del ponte di Rialto, dove il Canal Grande si piega ad ansa.
ACQUISTATO DAI BENETTON nel 2008 per 53 milioni di euro, il Fondaco è stato dato in locazione nel 2016 al Gruppo Dfs, società con sede a Hong Kong che ha alle spalle i più improntati brand della moda come Louis Vuitton, Fendi e Moët Hennessy. Completamente rinnovato nei suoi interni dall’archistar olandese Rem Koolhaas, non senza un bel po’ di proteste da parte di varie associazioni di conservazione dei beni culturali, il palazzo è stato trasformato in un supermarket del lusso sfacciato trasformandosi in un “non luogo” pieno di costosi negozi come quelli che si trovano in un qualsiasi aeroporto. Evitato come la peste nera dai, sempre meno, residenti della città lagunare, il Fondaco è diventato una trappola per turisti danarosi, pronti a porgere la carta di credito per una borsa di Luis Vuitton o per un paio di ciabatte con scritto in inglese “Venice”, finte forcole che non hanno mai visto un remo e costosissime paccottiglie nade in Taiwan che riproducono improbabilissime gondole.
EPPURE, UN TEMPO, il fondaco apparteneva a tutta la città. Prima dell’arrivo dei Benetton, lo storico palazzo era la sede delle Poste Italiane. I nonni salivano la grande scalinata per andare a ritirare la pensione al primo piano. I papà vi si recavano per spedire raccomandate o telegrammi, e poi accompagnavano all’ultimo piano i figli per fargli vedere quanto era bella la loro città, vista dall’alto di quella terrazza panoramica che spazia su tutti i tetti di Venezia. Quella terrazza dove oggi si può accedere solo con prenotazione on line e previa consumazione nel bar dei Vip.
«Quello che sta accadendo al Fondaco dei Tedeschi è l’esempio plastico dell’economia e dell’indotto generato da un modello di turismo estrattivo, che danneggia la città e punta unicamente a drenare risorse – attacca la Cgil di Venezia, che stima in 500 i posti di lavoro persi con l’indotto – . Si accampa la scusa della crisi del lusso ma è evidente che si tratta di un’operazione di immagine, un utilizzo del marchio Venezia per poi buttare via la città e i lavoratori quando non più indispensabili».
«QUESTO MODO UNILATERALE di agire del Gruppo Dfs rivela una mentalità arrogante e padronale sia verso i lavoratori sia verso la città intera – fa eco il consigliere comunale verde Gianfranco Bettin – . L’importanza sia del polo lavorativo sia quella storica e architettonica del Fondaco, ho invitato l’amministrazione a intervenire subito per salvare l’occupazione ed evitare una torsione ulteriormente turistica dell’uso del palazzo che rischia di diventare l’ennesimo albergo di lusso». Una interrogazione è stata presentata da Luana Zanella, capogruppo Avs alla Camera.
INTANTO, IL FONDACO continua ad essere affollato da centinaia di turisti che si guardano velocemente attorno chiedendosi cosa ci fa questo transatlantico del lusso nel bel mezzo della «città più romantica del mondo», per poi uscire senza un acquisto. Inutile chiedere ai commessi cosa pensino della decisione di Dfs di chiudere baracca e burattini. I giornalisti sono subito intercettati dagli store manager del piano che li invitano a rivolgersi all’ufficio stampa. I dipendenti non sono autorizzati a rilasciare dichiarazioni, spiegano. Non hanno capito che anche loro, tra poco, saranno lasciati a casa.
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