Visioni

Fivizzano27, la comunità «sotterranea» del teatro

Fivizzano27, la comunità «sotterranea» del teatro

Spazi urbani Il luogo di libertà e ricerca fondato al Pigneto di Roma dall’attrice e regista Emilia Verginelli . Una rete «invisibile» in costante espansione, fondata sul confronto

Pubblicato quasi 4 anni faEdizione del 19 novembre 2020

Se si passeggia su Via Fivizzano, una traversa dell’isola pedonale del quartiere Pigneto a Roma, al numero 27 c’è una porta anonima con una piccola targa. Nulla farebbe presagire che all’interno — o meglio, negli spazi delle cantine, sottoterra — ci sia uno spazio vitale per la scena teatrale romana. Come raccontano le socie e i soci di Fivizzano27, in stragrande maggioranza socie in realtà, l’invisibilità è una caratteristica fondamentale di questo luogo e a Roma, si sa, sono molte le cose ad accadere sotterraneamente, di straforo, quasi per miracolo nelle sue tante strade più o meno periferiche.

NON C’È UNA DATA precisa in cui Fivizzano27 è nato, sappiamo però che circa dieci anni fa l’attrice/regista/autrice Emilia Verginelli ha iniziato ad organizzare laboratori teatrali in quello spazio, fino a quel momento utilizzato da realtà locali come l’agenzia di organizzazione e comunicazione musicale Sporco Impossibile. «Quando sono entrata non c’erano i bagni né i pavimenti, nulla. Tra le persone che conoscevo si ripeteva spesso che a Roma non ci fossero luoghi in cui provare, che le sale prove fossero care. Ho iniziato allora ad invitare persone a Fivizzano e si è generato un passaparola», racconta Verginelli. Da lì, si è innescato un processo invisibile ma inarrestabile: sempre più persone sono passate per le cantine di Fivizzano, ognuna con i propri desideri da realizzare in un luogo aperto e accogliente, senza paletti imposti da una visione artistica univoca.

Tante di loro hanno attraversato centri sociali e spazi autogestiti della città dove c’è stata ricerca teatrale in passato, come Rialto o Strike; tuttavia, un punto di forza dello spazio è proprio quello di non essere fortemente connotato, ciò permette la circolazione di realtà molto diverse e trasferisce il piano politico nella modalità di organizzazione e relazione, basate sull’informalità: «Cercavo un luogo dove poter far lavorare la compagnia greca Nova Melancholia, negli spazi istituzionali sembrava così difficile, abbiamo chiamato Fivizzano ed è stato tutto estremamente semplice» ci racconta Ondina Quadri, una delle circa venti individualità socie del progetto; «è un mix di caos e ordine, informalità e cura» aggiunge un’altra socia, Luisa Merloni.

Se Emilia Verginelli è chiaramente l’ideatrice e la referente principale, lei stessa ci tiene a sottolineare che a Fivizzano non c’è una direzione artistica e che ciò che conta è la creazione di una comunità che voglia studiare, confrontarsi, imparare reciprocamente. Una comunità che ha le sue radici a Roma Est e al Pigneto, ne è un esempio la collaborazione con la libreria-bar femminista Tuba e il festival di scrittrici inQuiete; tuttavia la rete invisibile è in costante espansione in tutto il mondo grazie a laboratori divenuti ricorrenti, come quelli di tecnica Meisner con Javier Galito Cava da San Francisco o quelli di Michèle Lonsdale da Toronto.

PER MOLTE ARTISTE e artisti romani Fivizzano, grazie alla sua natura protettiva e poco esposta, è il luogo dove muovere i primi passi. Dopo essersi affermati però, spesso tornano dove sono stati accolti e continuano a proporre i loro laboratori, riconoscendone l’importanza. Non è sicuramente il business lo scopo dello spazio, la cui economia si basa innanzitutto sulle quote personali dei soci, nondimeno la funzione di sostegno alla comunità artistica è importante, non solo tramite la possibilità di proporre laboratori e masterclass ma anche offrendo un letto dove dormire, organizzando gli spostamenti e così via. Inoltre c’è sempre la possibilità, per chi non sia in condizione di pagare la quota, di partecipare gratuitamente alle attività in cambio di un aiuto pratico.

Come ci si può immaginare, la situazione attuale è molto delicata per uno spazio basato più sullo scambio di saperi che di denaro. Le socie e i soci stanno utilizzando questo tempo per approfondire la conoscenza reciproca tramite regolari incontri virtuali. Intanto qualche idea per il futuro c’è già: «Il sogno sarebbe quello di diventare in qualche forma un centro di produzione. Mi spaventerebbe molto però passare dalla parte di chi seleziona, vorrei che ciò avvenisse in maniera naturale», racconta Verginelli. In questa direzione qualche esperimento è già stato fatto, tredici testi composti nel corso del laboratorio decennale di scrittura per attori e attrici di Lucia Calamaro sono stati allestiti in un evento speciale a Carrozzerie n.o.t., altro spazio teatrale romano con cui intercorre un forte rapporto. Inoltre Io non sono nessuno, spettacolo scritto e interpretato da Emilia Verginelli in cui è confluita anche la sua esperienza come operatrice teatrale in una casa famiglia, è stato realizzato insieme ad alcuni soci e socie di Fivizzano, in un continuo intersecarsi di percorsi.

SOTTOTERRA sono molte le cose che accadono ma ora anche l’istituzione è pronta a sostenere lo spettacolo, il Teatro India – Teatro di Roma lo accoglierà infatti a dicembre in un nuovo programma di residenze volto ad aiutare la comunità artistica in questo momento difficile.

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