Economia

Fisco, tante cartelle esattoriali ma poche riscossioni

Fisco, tante cartelle esattoriali ma poche riscossioniUna sede dell'Agenzia delle Entrate

Evasioni di massa Si va dal mancato pagamento di verbali e violazioni al codice della strada a quello relativo a tasse e imposte, per finire con i mancati versamenti previdenziali. Interessati 19 milioni di contribuenti, fra persone fisiche e società. Ruffini: "Dei 1.100 miliardi di euro maturati negli ultimi vent'anni, non se ne potrà ottenere più di 100".

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 4 giugno 2022

Dal mancato pagamento di verbali e violazioni al codice della strada a quello relativo a tasse e imposte, per finire con i mancati versamenti previdenziali. Sono queste le causali delle cartelle esattoriali aperte di cui, complice la presentazione al Festival internazionale dell’economia del suo libro, “Uguali per Costituzione. Storia di un’utopia incompiuta dal 1948 a oggi”, ha parlato Ernesto Maria Ruffini, direttore dell’Agenzia delle Entrate. Ricordando che sono 19 milioni gli italiani che hanno cartelle esattoriali aperte, 16 milioni di persone fisiche e 3 milioni di società, ditte e partite Iva.
“Li abbiamo individuati – ha spiegato Ruffini – il problema è la riscossione, non identificare gli evasori”. Un problema annoso, visto che pochi giorni prima lo stesso direttore delle Entrate aveva fatto il punto della situazione: “Dei 1.100 miliardi di euro maturati negli ultimi vent’anni fra tasse, imposte e contributi non riscossi che costituiscono il cosiddetto ‘Magazzino’, se ne potranno riscuotere qualche decina, o comunque sotto i cento”. Questo perché “su 19 milioni di soggetti con cartelle esattoriali aperte, solo 3 milioni hanno aderito alle diverse rottamazioni e al saldo e stralcio, da cui si sono ricavati 20 miliardi di euro”.
La stragrande maggioranza dei crediti per Ruffini “non è riscuotibile”. Non soltanto per la ben nota combattività con cui gli italiani e le italiane ricorrono a seconda dei casi al giudice di pace (per le multe), alle Commissioni tributarie provinciali e regionali (per tasse e imposte), e al giudice del lavoro per i crediti di natura previdenziale non riscossi. Al tempo stesso il direttore dell’Agenzia delle Entrate non è convinto del sistema coercitivo statunitense: “Preferiamo mettere in carcere l’evasore così poi fallisce l’attività – osserva retoricamente – o farlo lavorare finché non ripaga la collettività?”.
Assodato che l’evoluzione tecnologica permette già oggi alcuni controlli – anche se le grandi sacche di lavoro nero o grigio continuano a sfuggire – le decine e decine di miliardi non riscossi ogni anno preoccupano anche la Ue. Non per caso nel Pnrr c’è un apposito capitolo sul tema della riduzione dell’evasione fiscale. Ma delle sei azioni proposte dal Tesoro, che vanno dall’incrocio delle banche dati (qui si aspetta il decreto attuativo) alla raccolta di informazioni sul web sul modello francese, il governo Draghi nel decreto Recovery bis varato in aprile ne ha recepite soltanto due: l’estensione della fatturazione elettronica alle partite Iva in regime forfettario, e l’obbligo di inviare ogni giorno all’Agenzia delle Entrate sia i dati delle transazioni elettroniche con i clienti che quelle con altri gli operatori economici.
Il passaggio parlamentare del Recovery bis inizierà il 20 giugno prossimo. Ma già in commissione sono arrivato ben 100 emendamenti, bipartisan. E soprattutto i partiti del centrodestra ne stanno facendo argomento di campagna elettorale, cercando di rinviare tutto a dopo le elezioni politiche del prossimo anno.

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