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Firenze, sguardi oltre la città

Firenze, sguardi oltre la città

Intervista Tre giorni di festival della rigenerazione urbana per discutere di sviluppo, innovazione sociale, aree interne e attivismo climatico. Parla la curatrice del programma

Pubblicato 12 mesi faEdizione del 28 settembre 2023

La quinta edizione di Many Possible Cities, il festival della rigenerazione urbana che si tiene a Firenze da oggi a sabato, allarga lo sguardo: «Oltre le città: come costruire un futuro sostenibile per tutti?» è la domanda alla quale risponderanno gli oltre 64 ospiti attesi nel capoluogo toscano per confrontarsi sui temi della cultura e dell’innovazione sociale, dello sviluppo urbano, dell’attivismo climatico, delle aree interne e dei servizi ecosistemici tra città e Appennino. E’ «un luogo di dialogo e confronto aperto e plurale», come spiega Francesca Mazzocchi, presidente di LAMA Impresa Sociale, che cura il programma del festival, un progetto di Manifattura Tabacchi finanziato da Fondazione CR Firenze e con il contributo di Anci Toscana.

Quando è nata l’esigenza di questo spazio di scambio nella città di Firenze?

La prima edizione si è tenuta nel 2018. In quell’anno noi di LAMA avevamo iniziato ad occuparci degli usi temporanei all’interno dell’intervento di rigenerazione di Manifattura Tabacchi. L’obiettivo era costruire un palinsesto di contenuti che fossero utili all’apertura di questo spazio alla città, che rappresentassero i temi e il posizionamento che quel luogo voleva assumere, come nuovo centro fuori dal centro di Firenze e polo della contemporaneità. Siamo partiti coinvolgendo i partner dei progetti europei in cui eravamo coinvolti, convinti che aprirci al contesto internazionale ci avrebbe aiutato ad aprire lo sguardo, per uscire dalle «zone di comfort» in cui spesso ci chiudiamo nel dibattito italiano.

Cinque anni dopo, dove siamo?

Nel 2019 abbiamo scritto un paper sugli usi temporanei e la rigenerazione urbana multistakeholders, negli anni abbiamo continuato ad occuparci di partecipazione civica, innovazione sociale e di affiancare la Pubblica Amministrazione su policy e progetti di sviluppo territoriale. Oggi la nostra esperienza ci conferma la necessità di collocare il tema delle sfide urbane a livello ecosistemico: le città sono territori più ampi del contesto prettamente urbano, devono dialogare con la loro dimensione metropolitana e di prossimità, con le aree interne e, nello specifico del contesto fiorentino, con l’Appennino. E poi non si può parlare di futuro, né di progresso, né di sviluppo senza parlare di cambiamento climatico. Il programma oggi riflette perciò la realtà di quello che siamo e vogliamo essere: una impresa sociale che si muove nel mercato ma nell’interesse generale, capace di tenere insieme interlocuzioni tanto varie quanto necessarie ad uno sviluppo sostenibile e inclusivo, dalla PA agli sviluppatori immobiliari agli artisti fino agli attivisti di Ultima Generazione.

Partendo dalla città siete saliti in montagna, a collaborare con piccole amministrazioni nei territori delle aree interne. Che cosa rappresenta questo percorso?

È stata una questione di strategia e di radicamento. Non c’è visione di sviluppo territoriale possibile senza lavorare nei contesti delle aree interne o marginali. Abbiamo affiancato alcuni comuni nel mettere a punto delle strategie di sviluppo territoriale e grazie a questo strumento è stato poi possibile intercettare e cogliere molte opportunità di bandi e finanziamenti che andassero ad implementare progettualità coerenti con queste strategie. Così è stato per i Comuni di Comuni di Londa e San Godenzo, tra Mugello e Casentino, che abbiamo affiancato nel candidare e vincere un progetto Linea B del bando borghi promosso dal ministero della Cultura nell’ambito del Pnrr: è il progetto Montagna Fiorentina. Quello che mi preme sottolineare è che grazie ad un piccolo ma strategico investimento iniziale dei due Comuni e alla presenza continua sul territorio è stato possibile mettere in piedi un processo generativo di opportunità, partito da una strategia di sviluppo ed arrivato a raccogliere oltre 3 milioni di risorse su vari bandi. Risorse che per i piccoli Comuni sono rare e indispensabili per realizzare interventi di rigenerazione sociale, culturale ed economica.

A «Many Possible Cities» si parlerà di bando borghi, un intervento che è stato contestato anche per la decisione del ministero di assegnare con la Linea A 20 milioni a un unico progetto in ogni Regione. 


Dopo aver affiancato i Comuni nella stesura del progetto a valere sulla Linea B, siamo stati incaricati della realizzazione delle attività di rigenerazione culturale e sociale. In questo anno, si sono create necessariamente delle reti informali di relazione tra vari soggetti attuatori degli interventi, uno scambio orizzontale utile a destreggiarci nella burocrazia, che affligge questi contributi, e anche sul senso di questo intervento. Il festival è l’occasione per sederci tutti insieme e far emergere queste criticità, per elaborare, insieme a Lo Stato dei Luoghi, nostro interlocutore col ministero della Cultura, delle raccomandazione di policy per future programmazioni. Inoltre, dato che non è prevista una vera valutazione dell’impatto dei progetti realizzati, vogliamo produrre un cruscotto di indicatori per una valutazione dell’impatto, che aiutino a capire veramente il potenziale generativo degli investimenti su interventi di rigenerazione culturale. Per farlo, servono dati quantitativi e qualitativi, in termini di opportunità e di coesione sociale, perché è evidente che contare l’aumento dei flussi turistici non sia un indicatore in questo senso.

È a partire da questi percorsi che oggi avete potuto immaginare un festival «Oltre le città»?

Il modo di operare nei contesti urbani non può essere lo stesso rispetto ai piccoli comuni e all’Appennino, ma i territori sono collegati: un legame di interscambio efficace tra città e aree interne, in termini di sviluppo economico, di servizi ecosistemici, di disponibilità di patrimonio immobiliare, quindi di gestione anche del tema casa, di una nuova mobilità e politiche del lavoro. Tutto sarebbe ripensabile in questa ottica di interscambio, e tutto sarebbe possibile. Molti individui vivono in città senza una adeguata qualità della vita, nella definizione sistemica di un rapporto tra città e aree interne ci potrebbe essere una chiave di volta per questo tema.

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