L’effetto Covid-19 è finito e in Italia torna a crescere la produzione dei rifiuti urbani, che dopo la flessione del 2020 nel 2021 è tornata a crescere lambendo i 30 milioni di tonnellate. Per questo senso, il bicchiere della raccolta differenziata, che con nove anni di ritardo è vicina al target europeo del 65% su scala nazionale, è solo mezzo pieno: se aumenta la differenziata ma anche il volume complessivo di rifiuti, significa che non siamo in strada sulla via dell’economia circolare, che mira a ridurre gli scarti. Inoltre, il 64% di media nazionale per la raccolta differenziata, raggiunto per la prima volta, nasconde profonde differenze territoriali, frutto di organizzazione inadeguata del servizio di igiene urbana e di scarsa dotazione di impianti, in particolare quelli diffusi per trattare la frazione organica.

LA FOTOGRAFIA DETTAGLIATA è scattata da Ispra, che ieri ha pubblicato il «Rapporto Rifiuti Urbani 2022», che restituisce alcune certezze: sono ancora Veneto (76,2%) e Sardegna (74,9%) le due regioni che registrano le percentuali più alte, tra le nove che superano l’obiettivo del 65%. Molto vicino a raggiungere il target anche l’Abruzzo (64,6%), seguito da Toscana e Valle d’Aosta. Significativo è il balzo in avanti per la Basilicata, che con un aumento di 6 punti rispetto al 2020 raggiunge il 62,7%. Ancora al di sotto del 50% la Sicilia, ferma al 46,9% ma con un progresso importante di + 4,7 punti rispetto alla percentuale del 2020.

COME NEGLI ANNI PRECEDENTI, i livelli più elevati di raccolta differenziata si rilevano per la provincia di Treviso, che nel 2021 raggiunge l’88,6%, seguita da Mantova (86,4%) e Belluno (83,8%). Tra le città metropolitane, sempre in crescita la percentuale di Cagliari, che arriva al 74,4%.

LA SPINTA DELLA differenziata ha determinato negli anni una crescente richiesta di nuovi impianti di trattamento, soprattutto per la frazione organica, ma non tutte le regioni dispongono di strutture sufficienti a trattare i quantitativi prodotti.

NEL 2021 LA QUOTA DEI RIFIUTI organici avviati al trattamento cresce di 190 mila tonnellate, pari al 2,9%. Oltre la metà degli impianti operativi per la gestione dei rifiuti (657 in tutta Italia) si occupa di trattare questa frazione. Trattano quasi uun quarto del totale dei rifiuti prodotti nel Paese. Un altro quarto va agli impianti che recuperano materia, dalla carta al vetro, alla plastica. Nonostante nell’ultimo decennio il ricorso alla discarica si sia ridotto del 52%, occorre far presto per dimezzare in tempi brevi questa forma di smaltimento, che riguarda ancora quasi 5,6 milioni di tonnellate di rifiuti urbani (il 19% dei rifiuti prodotti). Un altro 19% viene ancora bruciato: il 18% dei rifiuti urbani prodotti è incenerito nei 37 impianti dedicati, mentre l’1% viene inviato ad impianti produttivi – quali i cementifici o le centrali termoelettriche – per essere utilizzato all’interno del ciclo produttivo per produrre energia.

PARTICOLARE ATTENZIONE da parte dell’Europa è rivolta agli imballaggi e ai rifiuti da imballaggio, con ambiziosi obiettivi di riciclaggio al 2025 e al 2030. Con l’applicazione delle nuove metodologie di calcolo gli obiettivi previsti per il 2025 sono praticamente già raggiunti per tutte le frazioni di imballaggio, ad eccezione della plastica. Necessario incrementare il riciclaggio di quest’ultima, pari al 47%, per raggiungere l’obiettivo del 50% intervenendo con nuove tecnologie di trattamento, soprattutto per quelle tipologie di rifiuti che sono ad oggi difficilmente recuperabili mediante processi di tipo meccanico.

NEL 2021 I RIFIUTI URBANI esportati sono 3 volte superiori a quelli importati: l’Italia ne ha portati fuori 659 mila tonnellate, mentre l’import è di 219 mila. Campania e Lazio sono le due regioni che esportano maggiormente i propri quantitativi. Austria, Portogallo e Spagna i Paesi dove destiniamo più rifiuti urbani. Il costo medio nazionale annuo pro capite di gestione dei rifiuti urbani è pari a 194,5 euro/abitante (nel 2020 era 185,6) in aumento di 8,9 euro ad abitante.

IN QUESTA EDIZIONE del report Ispra ha dedicato un focus ai 16 comuni con popolazione residente al di sopra dei 200 mila abitanti, dove l’incremento nella produzione di rifiuti tra 2020 e 2021 è ancora più alto (+2,8%) della media nazionale. Tra queste città c’è anche Roma: la capitale è ferma al palo al 45% di raccolta differenziata, mentre Milano è stabilimento sopra il 60%.