Fincantieri, cantieri sequestrati causa scorie
Monfalcone I carabinieri del Noe, su mandato del tribunale, chiudono gli stabilimenti friulani. Sette indagati, tra cui l'ex direttore. Sono 4500 gli operai fermi
Monfalcone I carabinieri del Noe, su mandato del tribunale, chiudono gli stabilimenti friulani. Sette indagati, tra cui l'ex direttore. Sono 4500 gli operai fermi
Un deposito di scorie irregolare, ben sette indagati – tra cui l’ex direttore dei cantieri navali – il provvedimento di sequestro dell’area a opera dei carabinieri del Noe (Nucleo operativo ecologico): ieri la Fincantieri ha annunciato il blocco degli stabilimenti di Monfalcone in seguito all’ordinanza del tribunale di Gorizia, e la conseguente sospensione del lavoro per ben 4500 operai, con le attività che proseguiranno solo per circa 100 addetti alla manutenzione.
Tra gli indagati c’è Carlo DE Marco, ex direttore dei cantieri di Monfalcone: insieme a lui sono stati raggiunti da provvedimento di garanzie i titolari di sei aziende che lavorano all’interno del sito. L’ipotesi di reato è quella di attività di gestione di rifiuti non autorizzata.
Gli altri indagati sono Nella Dosso, 55 anni, titolare della ditta «Pulitecnica friulana» di Udine, Valter Radin (59), della «Petrol Lavori» di San Dorligo della Valle (Trieste), Romeo Ronco (69) della «Marinoni» di Genova, Francois Marcel Gaston Avon (58), della «Carboline Italia», Corrado Annis (48) della «Sirn» di Trieste e Fabio Bianchi (49) della «Savi» di Genova. La Procura della Repubblica di Gorizia, nel giugno 2013 si era vista respingere la richiesta di sequestra, prima dal Gip e poi dal Tribunale, perché a loro parere, allora, non vi erano urgenze tali da giustificare una situazione di pericolo ambientale. Da qui il ricorso presso la terza sezione penale della Cassazione.
L’inchiesta riguarda la gestione degli scarti di lavorazione delle navi prodotti da parte delle ditte subappaltatrici di Fincantieri, che però non risultano titolari dell’autorizzazione a gestire i rifiuti. La contestazione riguarda in particolare il deposito temporaneo messo a disposizione da Fincantieri, dove i vari rifiuti vengono ammassati e quindi rimossi da parte di un’altra ditta subappaltatrice. La Corte ha accolto la tesi della Procura, per cui tutte le ditte in subappalto, e non solo Fincantieri, sarebbero soggette all’autorizzazione al trattamento rifiuti, anche in caso di semplice «stoccaggio». La procedura utilizzata nel cantiere raffigurerebbe quindi un «deposito incontrollato», sanzionato dal decreto legislativo sul trattamento dei rifiuti.
Quindi ieri si sono bloccate le lavorazioni, e c’è allarme per il futuro dei 4500 addetti. Il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, vede nel sequestro una «manina anti-impresa»: «Monfalcone è un altro caso Ilva. Sembra che non si voglia che le imprese operino in questo paese, una cosa grave».
A ruota è arrivata la replica della Fiom: «Più che manina anti impresa, come definisce Squinzi l’azione dei carabinieri dei Noe, la magistratura alla Fincantieri di Monfalcone ha sequestrato aree per manine sporche e inquinate delle imprese», ha detto Augustin Breda.
«Stiamo cercando di capire bene le motivazioni di questa decisione – ha commentato il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti – A una prima valutazione, rimaniamo stupiti e preoccupati: un provvedimento di questo genere si giustifica solo se c’è un grave impatto sulla salute della cittadinanza».
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