La strada verso la giustizia è, per le vittime dell’Eternit, seminata di ostacoli, rinvii e beffe. Così va avanti da anni. Troppi. Il maxi-processo imbastito a Torino, con 3 mila parti lese, finì prescritto in Cassazione.

E ANCHE ORA, dopo la sentenza di Novara (12 anni di reclusione per omicidio colposo aggravato), la paura è che finisca allo stesso modo. Per la precisione, in questo caso, l’omicidio colposo aggravato – così com’è stato riformulato il reato – è valso solo per 146 vittime dell’amianto casalese sul totale di 392 a processo; 200 vittime sono state prescritte e in 46 casi Schmidheiny è stato assolto.

ORA «FINALMENTE ACCANTO al nome di Stephan Schmidheiny è comparsa la parola colpevole», ha commentato il sindaco di Casale Monferrato Federico Riboldi. «Un giudice ha dato un nome e un cognome alla tragedia di Casale, adesso sappiamo che il responsabile è l’imputato che avevamo tratto a giudizio», ha sottolineato il pm Gianfranco Colace.

IL PROCEDIMENTO ETERNIT bis era stato, durante l’udienza preliminare, spacchettato in quattro filoni, dopo che la gup torinese Federica Bompieri, nel 2016, aveva riqualificato il reato contestato al magnate da omicidio doloso a colposo pluriaggravato. Da questa decisione, il fascicolo era stato diviso in base alle sedi degli stabilimenti Eternit: un filone a Torino per due vittime di Cavagnolo, un altro a Vercelli per i morti di Casale, uno a Napoli per otto vittime di Bagnoli e un quarto a Reggio Emilia per due morti di Rubiera.

A NOVARA, SCHMIDHEINY– che gestì lo stabilimento di Casale dal 1976 al 1986 – è stato imputato con l’accusa di omicidio volontario con dolo eventuale. Che l’amianto uccide lo sapeva e «ha deciso di andare avanti ugualmente», ha detto il pm Colace. Gli avvocati del magnate svizzero hanno annunciato che ricorreranno in appello. A che punto stanno gli altri filoni dell’Eternit bis?

A NAPOLI, PER L’UNICO caso tra le otto vittime di Bagnoli – un ex operaio – in cui non è scattata la prescrizione, Schmidheiny è stato condannato a 3 anni e mezzo di carcere in primo grado. «Vergogna, vergogna», hanno urlato fuori dall’aula i parenti. Per le due vittime dello stabilimento di Cavagnolo, Schmidheiny è stato condannato in appello a Torino a un anno e otto mesi solo per un ex dipendente dell’azienda controllata dal gruppo, assolto invece per la morte per mesotelioma di una cittadina residente nel piccolo paese. Una sentenza considerata contraddittoria. Ancora aperto, invece, a Reggio Emila il fascicolo sui casi di Rubiera