Finale al chiuso, fa freddo anche nel Pd: «Resto fino al 2021, sì al voto utile»
Renzi a Firenze Nel capoluogo fiorentino il segretario all’Obihall: l’elettore della sinistra radicale rifletta, c’è il rischio che il voto nel collegio porti Salvini più vicino a Palazzo Chigi o al Viminale. Ma il timore di una sconfitta è forte anche fra i fan
Renzi a Firenze Nel capoluogo fiorentino il segretario all’Obihall: l’elettore della sinistra radicale rifletta, c’è il rischio che il voto nel collegio porti Salvini più vicino a Palazzo Chigi o al Viminale. Ma il timore di una sconfitta è forte anche fra i fan
Gelo sui binari con il sistema ferroviario regionale in tilt, torrenti esondati, traffico impazzito con 11 chilometri di coda in autostrada e, a cascata, nella delicata viabilità fiorentina. L’ultimo giorno di campagna elettorale, sferzato da una pioggia gelida e insistente, ha convinto anche Matteo Renzi a cancellare il programma previsto. Il segretario del Pd e candidato al Senato aveva pensato, al solito, di fare le cose in grande, con un comizio al piazzale Michelangelo, terrazza con vista sulla città. Alla fine però è arrivato il contrordine: i pentoloni di ribollita e lampredotto e le zuppiere di vin brulè sono stati portati all’Obihall, il vecchio teatro tenda, con una capienza di circa 1.500 persone, per un appuntamento che comunque il Pd ha cercato di organizzare al meglio: da Empoli, da Prato, da Pistoia e da Pisa sono stati organizzati pullman per portare nel capoluogo candidati e militanti.
IL TEMPO inclemente di questi giorni – burian, neve, pioggia gelata – è lo specchio dell’umore di un Pd che, anche in Toscana, ha scoperto di non essere imbattibile. La coalizione di centrosinistra rischia in almeno tre collegi (Lucca, Massa e Grosseto), e non è sicura di vincere nemmeno a Pistoia e ad Arezzo. «Questa è stata una campagna tutta giocata sulla pancia – tirano le somme i piddini – e chi governa non esce bene da una corsa del genere».
FORSE PER QUESTO il segretario, per una volta, sveste i panni del mattatore. Già al mattino, al forum dell’agenzia Ansa, conferma che Palazzo Chigi non è un suo obiettivo personale: «Noi siamo in una posizione semplice e il candidato premier in questa legge non è previsto, rispettiamo il compito istituzionale del Presidente della Repubblica. Chiunque sia il candidato del Pd noi lo sosterremo, a cominciare da Paolo Gentiloni e passando per tutti i nomi che sono stati fatti e che sono tanti, quasi quelli di una squadra di calcio. Chiunque del Pd otterrà il sostegno del Pd».
QUASI AD ANTICIPARE quello che sarà il comizio finale, al Tg3 serale Matteo Renzi snocciola gli ultimissimi dati Istat, che per lui diventano come una coperta di Linus: «Ho giurato al Colle nel febbraio 2014. Da allora ad oggi il pil è cresciuto del 4 per cento, i consumi sono cresciuti del 5,4 per cento grazie agli 80 euro e ai bonus, l’export è cresciuto del 17 per cento, gli investimenti in macchinari e trasporto sono cresciuti del 24 per cento. Questi dati sono i dati ufficiali. Nessuno può smentirli».
SONO PAROLE che Renzi ripete anche all’Obihall, non parlando sul palcoscenico che è occupato da un maxischermo ma da un quadrato rialzato quasi al centro della sala, in mezzo alla “sua” gente che lo acclama. Scenografia ridotta al minimo con le tre bandiere del Pd, dell’Europa e dell’Italia, e fan in delirio quando il candidato senatore agita il tema del “voto utile”, che naturalmente fa parte del kit elettorale del segretario piddino. Va da sé che Renzi agita lo spauracchio della destra. Ma solo di quella leghista, particolare di non poco conto: «Spero che un elettore della sinistra e soprattutto della sinistra radicale possa riflettere attentamente su quanto sta per accadere, domenica prossima in questo derby tra riformisti ed estremisti c’è il rischio che il voto nel collegio alla sinistra radicale porti Matteo Salvini più vicino a Palazzo Chigi o al Viminale».
INFINE, ed è forse il momento in cui Renzi si sente più a suo agio, arriva l’appello ai militanti, e ai simpatizzanti di una volta da riconquistare. Con parole studiate a fondo: «Alzare i toni, gridare, fare paura, porta qualche decimale di punto in più, ma non costruisce futuro. Noi pensiamo che l’Italia abbia qualità, competenze, capitale umano, bellezza. Bisogna farla funzionare meglio. È un lavoro che abbiamo iniziato e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Ma c’è un grandissimo spazio di crescita. Vogliamo raddoppiare i posti di lavoro che abbiamo creato, vogliamo essere capofila di sostenibilità ambientale e energetica, vogliamo fare più figli mettendo le famiglie in condizioni di sicurezza. Lunedì nessuno parlerà più della flat tax o del reddito di cittadinanza. Mentre le proposte concrete su Ires, partite Iva, anticipo pensionistico, banda larga finiranno come gli 80 euro: un patrimonio di tutti». A ben vedere, si torna sempre lì. Funzionerà ancora?
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