Lavoro

Fimer, gli inverter piacciono ma la proprietà arranca

Fimer, gli inverter piacciono ma la proprietà arrancaIl presidio operaio ai cancelli dello stabilimento

Vertenze Incontro al Mise sul caso dell'azienda di Terranuova Bracciolini, dopo l'avvio del concordato preventivo a causa di problemi finanziari. Monterocci (Fiom Cgil): "Abbiamo prodotti e ordini ma non ci fidiamo più della famiglia Carzaniga, devono passare la mano a un nuovo investitore che saldi i debiti con i fornitori e faccia ripartire la fabbrica". In ballo 800 posti di lavoro fra diretti e indotto, in un settore in espansione come il fotovoltaico.

Pubblicato quasi 3 anni faEdizione del 12 gennaio 2022

In ballo ci sono 800 posti di lavoro fra diretti (500) e indotto (300). Addetti di un’azienda che produce inverter per il fotovoltaico, e che è quindi in prima linea dentro la transizione ecologica ed energetica, con prodotti all’altezza delle richieste del mercato e un portafoglio ordini di tutto rispetto. E’ così un paradosso tutto italiano che alla Fimer di Terranuova Bracciolini, nel Valdarno aretino, il nuovo anno sia stato salutato da lavoratrici e lavoratori ai cancelli dello stabilimento. Un presidio di protesta avviato congiuntamente da Fiom, Fim e Uilm dopo la richiesta della proprietà – la famiglia lombarda Carzaniga – di un concordato preventivo, subito concesso dal Tribunale di Arezzo che ha dato quattro mesi di tempo a Fimer per ristrutturare, in continuità produttiva, un robusto debito milionario maturato non con le banche o l’erario, ma con i fornitori.
“Stiamo vivendo una situazione paradossale – tira le somme Daniele Monterocci, delegato Rsu per la Fiom Cgil – perché questa è un’azienda che è con tutti e due i piedi nel presente e nel futuro. Ha prodotti e ordini ma non può lavorare. perché la proprietà non dispone delle risorse necessarie e non vuole mollare la presa”. Di ritorno da un incontro al Mise sulla vertenza insieme al segretario generale aretino della Fiom, Alessandro Tracchi, Monterocci dà le ultime notizie: “La proprietà ha annunciato l’arrivo di un nuovo investitore, che ancora noi non conosciamo ma al ministero sì, che dovrebbe entrare nel capitale sociale per consentire il pagamento dei debiti con i fornitori e far ripartire progressivamente le produzioni, fino al 100% entro il mese di marzo”.
Tutto bene dunque? Non proprio: “Premesso che siamo contenti dell’arrivo di un nuovo partner finanziario e industriale – spiega Monterocci – il problema è che in fabbrica non ci fidiamo più dell’attuale proprietà, che dopo aver cambiato tre amministratori in dodici mesi, mettendoci anche in contratto di solidarietà, non ci aveva avvertito dell’intenzione di avviare la procedura concorsuale. Allora è meglio che escano di scena. O, al limite, cedano il controllo della Fimer al nuovo investitore e restino con una quota di minoranza”.
Di fronte al nuovo scenario prospettato dalla famiglia Carzaniga, che ha il suo quartier generale a Vimercate, i tecnici del Mise hanno deciso di convocare due ulteriori incontri al ministero, a fine gennaio e a metà febbraio, per valutare gli auspicati passi avanti nella soluzione della vertenza.
Dal canto suo il giudice della sezione fallimentare Federico Pani, che ha nominato come commissari l’avvocatessa Katiuscia Perna e i commercialisti Giuliano Bianchi e Carlo Cardini, ha messo a disposizione dell’azienda il tempo massimo consentito dalla legge per la presentazione del piano di risanamento. “Questo perché avremmo le carte in regola per ripartire – chiude Monterocci – abbiamo i prodotti e ne stiamo sviluppando di nuovi, e abbiamo pure gli ordinativi. Ma non possiamo restare a metà del guado, ritardando ulteriormente il necessario cambiamento alla guida dell’azienda. Altrimenti rischiamo di perdere non soltanto le nuove commesse, ma anche i giovani ingegneri e informatici che seguono il reparto ricerca e sviluppo. Quei ragazzi per noi sono essenziali”.

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