Filmmaker Festival, perdersi nello spazio tra cinema e vita
Cinema La rassegna milanese, in programma dal 16 al 24 novembre, quest’anno dedicata a Adriano Aprà. Apertura con Alice Rohrwacher, JR e Leos Carax, poi Simon, Reitz, Beckermann, Losier e il film sull'occupazione israeliana in Cisgiordania "No Other Land"
Cinema La rassegna milanese, in programma dal 16 al 24 novembre, quest’anno dedicata a Adriano Aprà. Apertura con Alice Rohrwacher, JR e Leos Carax, poi Simon, Reitz, Beckermann, Losier e il film sull'occupazione israeliana in Cisgiordania "No Other Land"
«L’edizione 2024 di Filmmaker è dedicata ad Adriano Aprà (1940-2024), per noi un maestro vero, di quelli che ci hanno insegnato a vedere e a programmare, che ci hanno dedicato il loro tempo per disegnare un percorso attraverso il cinema-saggio, che ci hanno fatto scoprire Van der Keuken e capire Godard e Marker», scrive Luca Mosso, direttore del festival milanese aperto alla contaminazione delle forme e delle durate che è stato presentato ieri e che si terrà nel capoluogo lombardo dal 16 al 24 novembre.
PER RICORDARE Aprà, Filmmaker ha costruito una sezione chiamata «Prometeo liberato – Il “nuovo cinema” per Adriano Aprà» composta di tre programmi (a cura di Tommaso Isabella) ispirati ai suoi interventi del 1969 sulla rivista Cinema & Film. Il titolo «Prometeo liberato» fa riferimento a uno scritto di Aprà su Pietro Bargellini. Si potranno vedere quindici opere di autori e autrici che hanno fatto la storia dell’underground italiano realizzate negli anni Sessanta e Settanta. Percorsi imperdibili per vedere o rivedere testi di un periodo filmico liberato dalle convenzioni e inscritto in una costante sperimentazione nella quale cinema e vita, e viceversa, si sono intrecciate in una lunga, prolifica, entusiasmante ricerca teorica e politica.
Filmmaker sarà composto da otto sezioni: concorso internazionale, concorso Prospettive, Fuori concorso, Interferenze, il già citato Prometeo liberato, Filmmaker Expanded, Filmmaker Moderns, Teatro Sconfinato per un totale di 64 titoli di cui 40 prime mondiali e 11 italiane. Con una dichiarazione d’intenti precisa, una scommessa per indagare le molte pieghe di un cinema restio alle catalogazioni: «Solo guardando in tutte le direzioni e istituendo un dialogo serrato con chi il cinema lo fa è possibile comprendere il cambiamento, intuirne le direzioni e le ricadute in una vita quotidiana sempre più invasa dalla comunicazione. La passione per il cinema può essere intesa come modalità della cittadinanza».
Nel concorso internazionale dialogheranno film di registi e registe dalle solide filmografie: da Ruth Beckermann con Favoriten e Claire Simon con Apprendre, che si confrontano con problematiche scolastiche in Austria e Francia in due film di sublime osservazione, al filippino «inclassificabile», radicale, provocatorio Khavn De La Cruz, che con Makamisa – Phantasm of Revenge riflette sulla decolonizzazione e la liberazione spagnola del suo Paese, a John Smith, figura centrale del cinema d’avanguardia britannico, che in Being John Smith racconterà di sé e del nostro tempo.
La redazione consiglia:
Adriano Aprà, il «non-maestro» che amava i giovaniAPERTO da una doppia proiezione con la quale si intende già sintetizzare il senso del festival (Allégorie Citadine di Alice Rohrwacher e JR e C’est pas moi di quel geniaccio del cinema francese che è Leos Carax) e chiuso da Sulla terra leggeri, opera prima di Sara Fgaier, Filmmaker – che conferma le sale Arcobaleno e Cineteca – porterà in primo piano le nuove opere di Edgar Reitz (Filmstunde_23, dove il regista tedesco ritrova, a cinquant’anni di distanza, la sua classe di un ginnasio femminile dove aveva insegnato cinema), Albert Serra (Tardes de soledad, indagine nel mito della corrida) e Marie Loisier (alla quale aveva dedicato una personale nel 2016, ora presente con Peaches goes Bananas, racconto ravvicinato dell’artista queer femminista canadese Peaches, icona della musica electroclash), ma anche No Other Land, lavoro collettivo che ci immerge nella brutalità dell’occupazione israeliana in Cisgiordania, film che andrebbe mostrato ovunque per la sua potente denuncia di una situazione ogni giorno sempre più devastante.
E poi Il pianto degli eroi. L’Iliade e le Troiane nel carcere di Bollate di Francesca Lolli e Bruno Bigoni, il restauro de Il fuoco di Napoli (1997) di Alessandro Rossetto e la relazione tra cinema e arte contemporanea espressa dai Masbedo e dall’uzbeka Saodat Ismailova.
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