Non sono pochi gli studiosi che commettono «peccati di gioventù», cui poi in età matura capita di doversi pentire o tutt’al più derubricarli, per l’appunto, in ingenui passaggi esistenziali. Ed è un po’ quello che è capitato al filosofo Emanuele Severino che ha assistito, nonostante le iniziali «titubanze», a vedere pubblicata e soprattutto eseguita, dopo un’attenta revisione critica, da Alessandro Bombonati e dall’Ensemble Consmilano Modern, la sua Zirkus Suite. La composizione per fiati e percussioni porta la data 1947, tempo in cui Severino, appena diciottenne non aveva ancora deciso quale strada intraprendere. L’ascolto è particolarmente interessante, perché la partitura a pieno titolo s’interroga – visti anche i rapporti di Severino con Camillo Togni, bresciano come lui e già contato tra i propugnatori della dodecafonia in Italia – sulle istanze soprattutto atonali, barbare e neoclassiche uscite indenni sia dalla guerra sia dalle bollature degenerate del nazismo e affrancate dall’accoglienza americana all’emigrazione artistica degli anni ’30, da Schoenberg a Bartok e Stravinskij, che stava germogliando e dando i suoi frutti rapidamente al di là dell’Oceano.