Il vino come cultura, espressione della biodiversità e delle tradizioni di un territorio. É il focus su cui si concentra Fermento Emilia, il salone del vino artigianale, biologico e biodinamico dei vignaioli emiliani che si terrà domenica 8 e lunedì 9 maggio nel Castello di Montecchio Emilia.

QUARANTA PRODUTTORI provenienti dalle province di Ferrara, Bologna, Modena, Reggio Emilia, Parma e Piacenza saranno presenti all’evento con i loro circa 150 vini, a cui hanno dato vita grazie a piccole produzioni. Attraverso di essi sarà possibile degustare la fusione fra pratiche enologiche antiche e moderne, unite dal filo conduttore della sostenibilità, di viticoltori di diverse generazioni che hanno scelto di vivere in maniera etica sulla propria terra, presidiando il territorio e proteggendolo per l’intera la comunità.

«ABBIAMO VOLUTO PARTECIPARE alla rivoluzione in atto nel mondo del vino attraverso questo evento che parla di piccole cantine a gestione famigliare e soltanto emiliane, con l’obiettivo ambizioso di mostrare le potenzialità dei vini di questa zona, molto apprezzati all’estero, ma spesso poco in patria», spiega Matteo Garimberti, ideatore dell’evento insieme alla compagna Elena Pedrelli, che è anche titolare dell’omonima enoteca storica di Parma che la famiglia gestisce da 68 anni.

INSIEME HANNO DATO VITA AL PROGETTO Naturalmente Emilia, proprio per promuovere il territorio emiliano tramite l’organizzazione di manifestazioni che valorizzano le produzioni artigianali e le piccole realtà agricole, partendo da un’idea di ambiente come unicum tra cultura contadina, elementi ed essere umano. Per scegliere gli espositori gli organizzatori hanno puntato a una selezione che predilige produzioni minime, in alcun casi anche di solo 1.500 bottiglie, proprio per ribadire l’interesse verso le realtà che hanno fatto della lavorazione del vino una vera scelta di vita.

«CI HANNO CHIAMATO ANCHE delle grosse cantine, che volevano partecipare perché avevano fatto la linea bio ma abbiamo subito declinato, perché non è quello di cui vogliamo parlare no» racconta Garimberti, spiegando come abbiano lavorato con l’intenzione di accostare i produttori storici con i numerosissimi giovani che oggi costellano le vallate con rinnovata energia verso la riscoperta del patrimonio condiviso di pratiche enologiche secolari, ma consci che la tradizione vive solo se proiettata verso il futuro.

TRA I PIONIERI SI TROVA PER ESEMPIO Vittorio Graziano, di Castelvetro, nel modenese, divenuto un simbolo per gli estimatori di vini naturali e che negli anni ’70 ha recuperato i metodi contadini. Graziano è famoso perché ancora oggi produce solo secondo natura, grazie al lavoro in vigna con leguminose e erbe spontanee in protezione dei vitigni autoctoni e potature che puntano a una resa minima ma molto concentrata, dando ai suoi vini una caratterizzazione unica.

OPPURE LA FAMIGLIA STORCHI, che nel comprensorio Doc dei Colli di Scandiano e Canossa in Val d’Enza coltiva i terreni un tempo fluviali, che i Longobardi già descrivevano come particolarmente vocati alla coltivazione di vite e foraggio perché ricchi di calcare, ghiaie ed argille. Questa cantina è oggi sinonimo di una dedizione alla vinificazione iniziata in un tempo in cui i vini naturali non avevano nessun tipo di commercio, portata avanti con coraggio al di fuori di mode e tendenze e che oggi ha portato il marchio ad essere rinomato a livello internazionale.

«SI IMPARA DALLA TERRA LA FATICA, il sacrificio e la misura del tempo, mentre nelle piante si incontra la speranza, la luce e la compagnia, nel clima i movimenti, i cambiamenti e le paure e nelle persone l’amicizia, la forza e l’unione. Niente è casuale o dovuto mentre tutto è sintonia, armonia e passaggio… essere parte di un momento non significa esserne artefice ma testimone», recita una pagina del loro sito.

OLTRE ALLA MOSTRA MERCATO, con assaggi e degustazioni che saranno offerte con l’acquisto del biglietto d’ingresso di 15 euro e il calice in omaggio, la due giorni prevede delle masterclass di approfondimento su alcune delle tipicità del vino emiliano, che si terranno sempre a Montecchio Emilia ma a Casa Cavezzi. Una sarà domenica alle 17,30 con il titolo Macerazioni emiliane, per vini di un altro stupore, a cura del presidente dell’Associazione Gastronomi Professionisti i Paolo Tegoni, che parlerà dei cosiddetti Orange Wine, oggi molto apprezzati in alcuni paesi quali il Giappone e gli Stati Uniti, ma frutto di un’antica tradizione contadina dell’area di Piacenza e di alcune zone del modenese, ottenuti grazie al contatto del vino bianco con le bucce degli acini, che con i vecchi metodi rimanevano a lungo nella bevanda.

L’ALTRA, CHE SI TERRA’ LUNEDI’ allo stesso orario, con Matteo Pessina, docente di enografia e sommelier. Spiegherà come è possibile salvaguardare i vini dall’ossidazione anche sul lungo periodo, a differenza di quello che si è abituati a pensare e sempre nell’ottica di riscoprire sapori autentici e orientati a una qualità non standardizzata.