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Fermare la strage dei cervi, un Consiglio di Stato per Marsilio

Un cervo maschio nel parco nazionale dell’AbruzzoUn cervo maschio nel parco nazionale dell’Abruzzo

Regione Abruzzo/Caccia Con la delibera n.509 dell’8 agosto la Giunta regionale si è assunta la responsabilità di consentire, per la prima volta in Abruzzo, la caccia ai cervi

Pubblicato circa 5 ore faEdizione del 17 ottobre 2024

Sullo scorso lunedì 14 ottobre in Abruzzo si è concentrata per settimane l’attenzione di politici, giornalisti e tantissimi cittadini perché da quel lunedì il Presidente regionale Marco Marsilio aveva previsto l’avvio della caccia a 469 cervi. Con la delibera n.509 dell’8 agosto la Giunta regionale si è assunta la responsabilità di consentire, per la prima volta in Abruzzo, la caccia ai cervi. E lo ha fatto nel peggiore dei modi, stabilendo anche un tariffario per ogni animale ucciso: da 50 euro per i cuccioli fino a 250 euro per i maschi adulti (600 se a sparare è un cacciatore fuori regione).

Il bello è che i cacciatori dovrebbero versare queste somme agli Ambiti Territoriali di Caccia (Atc), organismi gestiti dai cacciatori, gli stessi responsabili della maggior parte dei censimenti portati come giustificazione degli abbattimenti dei cervi! Un cortocircuito che ha scandalizzato non poco gli abruzzesi: in migliaia hanno partecipato ad un sit-in di protesta a L’Aquila, oltre 135.000 persone hanno sottoscritto una petizione online, altre 60.000 hanno scritto direttamente a Marsilio, mentre tante personalità del mondo della cultura e dello spettacolo, cooperative del turismo naturalistico, ricercatori, naturalisti e persino importanti esponenti della maggioranza politica che sostiene Marsilio si sono uniti all’appello per salvare i cervi. Ma il Presidente ha tirato dritto per la sua strada: i cervi vanno abbattuti, senza se e senza ma! E così arriva la mattina del 14 ottobre. E succedono due cose.

La prima: Regione e Atc fanno sapere che la caccia non può partire perché loro non sono pronti. La Regione in tutto questo tempo (la volontà di aprire la caccia al cervo fu espressa per la prima volta a gennaio 2023) non è stata in grado, insieme agli Atc, di chiudere correttamente la procedura da essa stessa stabilita. Una figuraccia che la dice lunga sul grado di preparazione del settore a cui il Presidente Marsilio vorrebbe affidare il destino di 469 cervi. La seconda: a fine mattinata, a dire che non si può cacciare è anche il Presidente della Sesta Sessione del Consiglio di Stato che, recependo la richiesta di sospensiva avanzata dalle associazioni Lav, Lndc Animal Protection e Wwf Italia, impone lo stop alla Regione, stabilendo al 7 novembre la discussione in camera di consiglio.

Le associazioni, accogliendo con soddisfazione questa sospensione, si preparano ora al futuro confronto, consapevoli che la Regione non sembra intenzionata a fare passi indietro, nonostante tutte le sue tesi siano state smontate. Dati alla mano, durante un’audizione del Consiglio regionale, le associazioni hanno potuto dimostrare come né i danni agli agricoltori, né gli incidenti stradali siano tali da giustificare l’apertura alla caccia. E persino l’Ispra, nel suo parere favorevole agli abbattimenti, ha dovuto ammettere che quanto programmato dalla Regione non è un’operazione di contenimento, ma il frutto della scelta politica di far sparare ad una specie che finora in Abruzzo non era cacciabile.

L’attuale maggioranza regionale ha semplicemente voluto accontentare i cacciatori a cui evidentemente è legata da un «debito di riconoscenza» dalle ultime elezioni regionali. Tutte le proposte alternative alle doppiette non sono state prese in considerazione, nonostante vi siano stati alcuni comuni, come Rosello in provincia di Chieti, guidato dal Sindaco Alessio Monaco, anche consigliere regionale di Avs, dichiaratisi disponibili ad accogliere sul proprio territorio i cervi pur di evitare la strage.

Del resto, la Giunta Marsilio è già passata alla cronaca per aver tagliato il Parco Regionale Sirente-Velino, tentativo sventato grazie alla Corte costituzionale, e per aver ridotto la Riserva regionale del Borsacchio da 1.148 a 24 ettari con un emendamento notturno alla legge di bilancio: una riduzione del 98% su cui è intervenuto il governo nazionale imponendo un riesame della decisione. Non sorprende quindi che la fauna abruzzese stia subendo un attacco senza precedenti. Le regole basilari della protezione ambientale vengono messe in discussione e la gestione degli animali sembra essere qualcosa da affidare ai soli cacciatori. Fortunatamente, la campagna del Wwf e delle altre associazioni ha dato voce a un’ampia fascia della popolazione abruzzese intenzionata a impedire che l’Abruzzo, da regione dei parchi, diventi la regione delle doppiette.

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