«La vita nell’antichità era tutto silenzio. Nel diciannovesimo secolo, con l’invenzione della macchina, nacque il rumore. Oggi esso trionfa e regna supremo sulle sensazioni dell’uomo»: così scriveva nel 1913 Luigi Russolo, in apertura a L’arte dei rumori, il manifesto della musica futurista, una musica nuova, che integrasse dissonanze, rumorismi, timbri e suoni inauditi, unica via per esprimere la potenza della civiltà industriale, la sua gloria inscalfibile ed eterna. Eccoci: oltre un secolo dopo, tramontati i sogni della radiosa magnificenza del futuro, le fabbriche ridotte a rovine, il capitalismo al suo stadio più estremo, a pervadere le menti e a soffocare...