Feminist Art, il corpo della ribellione
Scaffale Il volume a fumetti di Valentina Grande ed Eva Rossetti (per Centauria edizioni) racconta quattro protagoniste e attiviste della scena artistica e sarà presentato oggi presso la libreria Tuba di Roma nella cornice del festival Bande de femmes
Scaffale Il volume a fumetti di Valentina Grande ed Eva Rossetti (per Centauria edizioni) racconta quattro protagoniste e attiviste della scena artistica e sarà presentato oggi presso la libreria Tuba di Roma nella cornice del festival Bande de femmes
«Sei brava Judy, ma devi decidere se essere un’artista o essere una donna», «il tuo quadro è così bello che sembra dipinto da un uomo!». Sono solo alcune delle parole che l’artista americana Judy Chicago si è sentita dire agli inizi della sua ricerca. Un mondo profondamente maschilista e patriarcale in cui la rappresentazione femminile era quasi esclusivamente frutto dello sguardo dell’uomo e della sua fantasia.
CHICAGO è una delle protagoniste scelte e raccontate da Valentina Grande ed Eva Rossetti nel fumetto Feminist Art, le donne che hanno rivoluzionato l’arte, edito da Centauria (pp.128, euro 19,90). Nel libro c’è il faticoso percorso di presa di coscienza della propria identità che ha ripreso la lotta iniziata fra gli anni ’60 e i ’70, tempi di grandi trasformazioni sociali e politiche. Attraverso quattro artiste, le autrici esplorano la nascita dell’attivismo femminista nel mondo dell’arte. «L’arte femminista non è l’arte realizzata da donne – spiega nella prefazione Valentina Grande – non è un movimento che si differenzia per scelte tecniche o per forme innovative, ma è un movimento artistico e politico in cui le artiste erano attiviste per i diritti delle donne e utilizzavano l’arte come mezzo di lotta».
LE TAVOLE A COLORI ricordano l’opera di rottura realizzata da Judy Chicago The dinner Party, una cena immaginaria con trentanove piatti che rappresentavano altrettante vagine di donne importanti del passato. Il tema della vagina viene scelto per rivendicare e riappropriarsi di nomi considerati impronunciabili. Chicago è stata docente del primo corso per artiste, e nei primi anni ’70, insieme all’amica Miriam Schapiro, ha dato vita al Feminist art program e alla Womanhouse. Con l’opera Red flag, un assorbente interno insanguinato, ha tentato di rompere il tabù delle mestruazioni. La narrazione illustrata prosegue con l’attivista Faith Ringgold che ha guidato il movimento per rivendicare spazio nei musei per le donne nere che subivano una doppia discriminazione in quanto donne e nere. «I neri non vengono considerati, ma le donne sono proprio invisibili», dichiarava. Ringgold è stata una figura di spicco per l’autodeterminazione del femminismo afroamericano, la sua forma d’arte si è riappropriata della tradizione delle trapunte cucite dalle schiave per i padroni bianchi, i narrative quilt, facendosi così portatrice di storie. La sua battaglia per un femminismo nero nasce dalla constatazione che fino ad allora le rivendicazioni erano state di totale appannaggio di intellettuali bianche appartenenti alla classe media.
SEGUE ANA MENDIETA, esule cubana negli Stati Uniti grazie all’operazione Peter Pan, emigrata a dodici anni e vissuta nei campi profughi, che incentra la sua ricerca artistica sulle identità e la violenza. Il suo corpo appartiene alla terra e ai paesaggi che ha attraversato lasciando un segno, un’impronta. Attraverso la body art crea una nuova narrazione del corpo femminile. Infine, l’approccio intersezionale del collettivo Guerrilla Girls che si manifesta in forma anonima, universale, con slogan che rivendicano e denunciano con ironia la subalternità delle donne e la loro quasi assenza nei musei. Voci irriverenti che attraverso la provocazione vogliono svegliare la coscienza nel mondo dell’arte contro le discriminazioni razziali e sessuali.
SULL’ATTUALITÀ e la necessità di un libro come questo Valentina Grande spiega che «in Italia ci sono poche pubblicazioni originali e divulgative sull’arte femminista, c’è l’esigenza di parlare di un’arte politica che rompe con il passato per dar voce alle donne che s’interrogano sul loro ruolo anche rispetto all’arte maschile e per riscrivere le proprie storie. Sono ancora troppo poche le donne che hanno spazio, ancora faticano ad emergere, è importante completare la rappresentazione. Sono artiste in grado di parlarci ancora oggi».
IL MESSAGGIO FINALE, affidato alle Guerrilla Girls, ci invita tutte a prendere in mano i nostri diritti senza aspettare che siano altri a farlo. Il fumetto, presentato a Bologna nelle scorse settimane durante il festival Some Prefer Cake, oggi sarà ospite del festival Bande de Femmes organizzato da Tuba, libreria delle donne di Roma.
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