Federterra ha 120 anni, il filo rosso dei diritti la unisce alla Flai Cgil
Alba del sindacato Due giorni di dibattiti, rievocazioni e rappresentazioni teatrali per ricordare la nascita, il 24 e 25 novembre 1901 nella città felsinea, della Federazione nazionale dei lavoratori della terra. Giovanni Mininni: "Gli ultimi e i penultimi, i miserabili e gli sfruttati, capirono che uniti avrebbero potuto rivendicare con più forza diritti e tutele, Ce la fecero loro, lo possiamo fare oggi anche noi".
Alba del sindacato Due giorni di dibattiti, rievocazioni e rappresentazioni teatrali per ricordare la nascita, il 24 e 25 novembre 1901 nella città felsinea, della Federazione nazionale dei lavoratori della terra. Giovanni Mininni: "Gli ultimi e i penultimi, i miserabili e gli sfruttati, capirono che uniti avrebbero potuto rivendicare con più forza diritti e tutele, Ce la fecero loro, lo possiamo fare oggi anche noi".
“Comprate l’Avanti, comprate l’Avanti. All’ordine del giorno gli interventi dei deputati Costa, Turati e Sichel per il primo congresso di Federterra”. Abbigliati come gli strilloni di quei giorni, all’alba del nuovo secolo, i giovani, bravissimi attori della compagnia Ergàtes accolgono le ospiti e gli ospiti di una due giorni particolare. Perché il primo congresso dei lavoratori della terra, che si tenne proprio a Bologna il 24 e il 25 novembre del 1901, anche dopo 120 anni interroga il presente e dà indicazioni per il futuro. “Dobbiamo imparare da Federterra – osserva così Giovanni Mininn che guida la Flai Cgil – che mise insieme i braccianti salariati con i mezzadri, e quelli a compartecipazione con i piccoli proprietari. Così come noi oggi dobbiamo unire l’immigrato sfruttato con l’operaio precario, il tecnico dell’industria con il forestale”.
Per l’occasione la Flai ha curato ogni particolare. Negli spazi del Palazzo Re Enzo ci sono pannelli esplicativi con la storia di Federterra, forte di 220mila iscritti alla nascita, sciolta con la forza nel 1922 dal fascismo e rinata nel 1944, per diventare due anni dopo la Confederterra che aderì subito alla Cgil. Ci sono le copie anastatiche de l’Avanti, quelle distribuite dagli strilloni-attori, e anche quelle del quotidiano socialista locale La Giustizia, e del Giornale d’Italia.
C’è poi una rappresentazione (regia di Benedetta Cassio, dialoghi di Federica Mininni), con le ragazze e i ragazzi di Ergàtes truccati come i politici socialisti e i sindacalisti, i braccianti e i mezzadri dell’epoca. Una pièce teatrale, applauditissima, che inframezza gli interventi di Mininni, di storici come Emanuele Bernardi, Adriano Prosperi e Silvia Bianciardi, della sociologa Alessandra Corrado, e dello scrittore Valerio Evangelisti. Questi ultimi pronti a spiegare, moderati da Antonella De Marco, quale fosse lo stato disperante delle campagne della penisola e di chi nelle campagne ci lavorava, a 40 anni dalla nascita del Regno d’Italia.
“Abbiamo sentito la necessità di dare nuovamente corpo a voce ai protagonisti di quelle giornate – spiega il segretario generale della Flai – donne e uomini che erano stati invisibili fino ad allora. Ma che finalmente, sotto il mantello del partito Socialista, potevano farsi sentire. Avendo chiara la necessità di unire le forze. Contro i padroni, e contro i governi che, dai moti contro la tassa sul macinato alle sollevazioni dei fasci siciliani dei lavoratori, li avevano repressi, uccidendo e arrestando”.
Allora come adesso, riflette Mininni guardando criticamente all’approvazione della nuova Pac continentale, “si privilegiano ancora i grandi produttori, penalizzando i piccoli”. Mentre in quei due giorni del 1901 “veniva affrontata anche la questione di genere, con la presenza, forte di Argentina Altobelli. Una borghese che aveva abbracciato le idee socialiste, e che tre anni dopo sarebbe diventata la prima donna segretario generale di un sindacato”.
Se dunque Federterra voleva dare voce e diritti alle coop di braccianti salariati, alle leghe di miglioramento e resistenza, ma anche ai piccoli affittuari fino ai piccoli proprietari, analfabeti per responsabilità dei regi governi, uniti da una patologica insicurezza fatta di malaria, pellagra e incidenti, e con il lavoro minorile che era regola, oggi il ruolo del sindacato non è dissimile: “La frammentazione del lavoro – annota Mininni – porta a dover continuamente contrastare le richieste di imprese che vorrebbero assumere con contratti precari. E dobbiamo tenere insieme le lavoratrici e i lavoratori agricoli con sotto salario e ‘paga di piazza’, e i dipendenti di aziende che invece applicano i contratti e le leggi”.
Poi c’è l’obbligatoria transizione ecologica: “Il tema dei cambiamenti climatici ci riguarda, siamo i più esposti come settore primario”. E un enorme sforzo deve andare a sostegno dei lavoratori migranti esposti a sfruttamento e al caporalato: 180mila secondo l’Osservatorio Placido Rizzotto della Cgil, 160mila secondo il ministero. “Sono loro l’anello più debole. Loro, che dobbiamo raggiungere con le pratiche del sindacato di strada”.
Un aiuto arriva, una tantum, dall’Europa, che dopo vent’anni ha finalmente approvato nelle pieghe della Pac quella “condizionalità sociale” che porterà dal 2023 i singoli Stati – se lo vorranno – ad erogare finanziamenti pubblici solo alle aziende che rispettano i contratti e le normative sul lavoro. “Ma in definitiva – tira le somme Mininni – se 120 anni fa gli ultimi e i penultimi, i miserabili e gli sfruttati, capirono che uniti avrebbero potuto rivendicare con più forza diritti e tutele, se ce la fecero loro ce la possiamo fare oggi anche noi, che di Federterra abbiamo raccolto e rivendichiamo l’eredità”. Poi la parola passa a Raffaele Serantoni, ad Angelo Costa, a Filippo Turati. “La terra ai contadini!”.
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