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Federico Fellini, il film mai realizzato

Federico Fellini, il film mai realizzatoGiulietta Masina e Marcello Mastroianni, «Ginger e Fred», 1986

Esplorando il digitale Dopo «Ginger e Fred», il regista preparava «Inferno» sul primo cantico della Divina Commedia

Pubblicato quasi 4 anni faEdizione del 23 gennaio 2021

«Caro Akio, come stai? Sono deliziato di avere la possibilità di mandarti i miei affezionati saluti, ricordando la tua ‘simpatica’ faccia e la fantastica e stimolante serata che abbiamo passato insieme visitando la tua favolosa industria…» Iniziava così la lettera del 11 aprile 1991 che Federico Fellini scriveva ad Akio Morita il fondatore della Sony e inventore del walkman, per proporgli una collaborazione e girare un film a episodi sull’ Inferno di Dante, in Alta Definizione.

Per me che scrivo qui di Fellini e del suo rapporto con gli effetti speciali, tutto cominciò con una telefonata qualche anno prima in quanto nell’ ’86 lavoravo alla Sony Broadcast Ltd di Roma e risposi al telefono. Era Gino Millozza il produttore esecutivo del film Ginger e Fred che Federico Fellini stava girando a Cinecittà. Avevano girato dei finti spot televisivi che Fellini voleva inserire nel film ma avevano dei problemi di compositing delle scene. Chissà come e perché Fellini e Millozza decisero di chiamare in aiuto la Sony, magari pensando che lì sicuramente di televisione ne sapevano qualcosa.

In quel periodo si giravano le scene in esterni, la torre Telecom sul raccordo anulare, un gigantesco cotechino appeso alla stazione Termini, scene di motociclisti e autobus affollati di comparse, figuranti e attori che interpretavano una serie di sketch. Tonino Delli Colli illuminava le scene e dipingeva i panorami della campagna romana, parlavamo di filtri e di tecniche televisive, ma per Tonino era l’istinto fotografico che contava.
A Cinecittà sui fondali dipinti di verde, Ennio Guarnieri aveva girato in 35 mm. una serie di situazioni televisive e di spettacolo, un po’ paradossali ma proprie degli sceneggiati tivù del momento. Tutte scene che avrebbero bene rappresentato la TV e che Fellini con visionaria creatività affidava al chromakey televisivo: quiz show con le cabine trasparenti, un marzianetto che mangia spaghetti, un telegiornale, il mago Otelma, un palombaro che viene calato dall’alto.

Finte pubblicità e momenti televisivi da combinare in video-compositing e inserire nei numerosi apparecchi tv e monitor sparsi sulle scene. Il fatto è che il verde dipinto sul fondale faceva diventare trasparente tutto quello che veniva riflesso. Ad esempio come in una scena dove la scimitarra di ferro che decapitava un infedele era trasparente, lo stesso per il marzianetto, mangiava gli spaghetti con una forchetta inesistente, divenuta trasparente per effetto del riflesso verde. Essendo diversi i girati che presentavano quel problema, e dovendo utilizzare le immagini abbinandole ad altre in video-compositing, la produzione chiedeva aiuto alla Sony e anche io semplicemente rispondendo quella volta al telefono sono entrato in campo sul set di Ginger e Fred.

Tonino Delli Colli era il nuovo direttore della fotografia e cercando delle soluzioni per utilizzare quelle immagini mandammo dei girati a Image Transfer a Los Angeles per fare delle prove e iniziò a mia frequentazione del set. La Sony sull’argomento non poteva fare niente, io mi ero perfino licenziato dalla Sony Italia che ancora non era diventata Professional, e si occupava principalmente di vendere i televisori Trinitron, poi neanche tanto che un giorno Marcello Mastroianni, sapendo che stavo alla Sony, mi chiese un po’ alla romana di procurargli uno di quei nuovi televisori di così grande qualità. In cambio si sarebbe fatto fotografare davanti alla TV ma il marketing della Sony a Milano non capì e non se ne fece niente. La mia collaborazione continuò in via amichevole e le settimane sul set passavano come niente.

A un certo punto è stato coinvolto lo Studio Pontaccio di Milano per la realizzazione di un impianto a circuito chiuso sul set e alimentare monitor e apparecchi televisivi in scena con le immagini dei fondini e dei finti spot televisivi, e il cinema iniziò ad essere contaminato dalla televisione. Poi un giorno di riprese nel bar, molto affollato di attori e comparse. Servivano delle immagini di pubblico televisivo da inserire in video-compositing su quelle di cameramen e giornalisti girate in precedenza, così in tempo reale proposi di girare una scena di pubblico ex-novo. Gino Millozza convinse Fellini che accettò e a fine giornata chiamò tutti al Teatro 5 per interpretare la scena loro stessi.

Io avevo fatto posizionare tre proiettori-bruto sulla scalinata dello studio TV in costruzione e Fellini arrivò per primo dicendo: «Venite tutti qua, Marcello, Fagiolo viè a lavorà..!» Dante Ferretti e Tonino Delli Colli erano in prima fila, Fellini, Giulietta Masina e Pietro Notarianni al centro, comparse e attori tutti che ridevano, dondolavano e rappresentavano gli «Applausi». Una divertente video-cartolina che è possibile trovare su Youtube dove Fellini dirigeva tutti, io da solo al centro del teatro 5 con la mia Betacam su un cavalletto, che piuttosto emozionato cercavo di fare le inquadrature che il regista mi chiedeva. Una scenetta po’ surreale a rappresentare la visione che Fellini aveva della TV, sulle gradinate di un finto studio televisivo che nei giorni successivi avrebbe ospitato le scene del ballo nello spettacolo «Ecco a voi».

La post produzione del film continuò per mesi e per tutto agosto. Per il montaggio di Ginger e Fred la produzione aveva affittato tutta l’ultima parte del reparto moviole di Cinecittà. A quel punto la PEA mi aveva fatto un contratto di collaborazione e lì al primo piano dove ci sono le moviole, dove l’acqua minerale delle Capannelle scorreva anche dai rubinetti dei bagni, il montaggio era organizzato in sei salette dove tutti lavoravano contemporaneamente. Nino Baragli, Ruggero Mastroianni e Ugo de Rossi montavano il film, Fellini entrava e usciva dalle moviole, ce n’era un’altra con Nicola Piovani con un pianoforte, in un’altra moviola c’erano gli assistenti che selezionavano i girati e io in un’altra con due videoregistratori BVU tagliavo i contributi televisivi. Un’estate molto calda e un’atmosfera piacevole e interessante, qualche volta si pranzava con pizza mortadella e fichi lì sui divanetti del primo piano della palazzina delle moviole, prima che Fellini andasse come ogni giorno a riposare un po’ nella sua stanza. Il suo aiuto regista Ugo Mannoni ha poi conservato quell’ufficio così com’era, come un museo che forse è possibile visitare anche adesso.

È stato piuttosto divertente quando un giorno che il regista voleva vedere i risultati del video-compositing – niente male come ricordo di backstage – ci siamo ritrovati nella mia 500, Fellini seduto davanti e Tonino della Colli di dietro in mezzo, per andare da Cinecittà allo stabilimento di LVR sulla Tuscolana. Nel reparto dei telecinema, che in quel periodo lavorava a tempo pieno con film a luci rosse, in una saletta abbiamo visionato i materiali che probabilmente secondo Fellini dovevano rappresentare il decadimento e il disturbo della TV: un interrogatorio di terzo grado di un prigioniero, il capitano di una nave che scruta l’orizzonte con un cannocchiale ma viene colpito da una fucilata nell’occhio, la venere di Botticelli che pubblicizza una scarpa, un cantante punk, un culturista all’inferno etc. Tutto veramente fastidioso e un po’ deprimente, tanto che la visione è durata abbastanza poco, che presto Tonino e Federico avevano improvvisamente molta fretta e con un taxi andavano lì vicino al ristorante il Paradiso, parlottando di un appuntamento quasi segreto con un attrice bionda.

Flashback-Forward
È anche tutto questo in fondo era un prologo di un’altra storia, con i dettagli della visionarietà creativa di Federico Fellini che, con stupore ma anche con scherzo e diffidenza, si avvicinava ai progressi della tecnologia nel campo dell’industria cinematografica e televisiva. Era ormai il ’91 e io lavoravo di nuovo alla Sony. Mi avevano chiamato tempo prima dall’Inghilterra dicendomi che la fusione con Sony Italia era stata rimandata e caso unico che raro sono stato assunto per una seconda volta.

Mi occupavo di marketing e supporto tecnico e di nuovo arrivò una telefonata dalla produzione di Fellini. Iniziai così a curare la corrispondenza tra Fellini e la Sony per il progetto di un film da girare in alta definizione. Dopo una serie di telefonate, telex e telefax tra Sony Broadcast a Roma e la EMI Film di Alfredo Bini, in copia una lettera autografa di Fellini che scrive a Morita in modo molto affettuoso e gli parla del suo nuovo progetto: un film a episodi sull’Inferno, in quattro parti di 30 minuti e un prologo che avrebbe girato lui, come dice insieme ad altri quattro suoi amici registi. Nella lettera introduce il produttore Alfredo Bini, che già era in avanti con il progetto del film e propone alla Sony di partecipare a questa straordinaria impresa.

I registi che avrebbero girato gli episodi, come scrive Bini in una documentazione che inviò alla Sony, erano Nagisa Oshima e Peter Brook che avevano già accettato, J. J. Annaud, Wim Wenders e F. F. Coppola che stavano leggendo la Divina Commedia. Una proposta con diversi allegati (la lettera inviata ai registi, note e foreword) che Alfredo Bini mi ha dato quando ci siamo incontrati nella sua grande casa in via del Governo Vecchio a Roma.

Il film, che purtroppo non è stato mai realizzato, era basato sul primo cantico della Divina Commedia di Dante Alighieri e aveva questi titoli:
il prologo era «In the middle of the passage through life» …from the beginning of the poema till the end of Canto IV – (Minos), from scene 1 till scene 12 * with reference to the preliminare screenplay.. – che avrebbe girato Fellini.
Le altre 4 parti proposte ai registi amici erano:
Prima Parte «The Lustful» – (Paolo e Francesca), from Canto V till the end of Canto VII (From scene 13 till scene 25).
Seconda Part «The marsh of the styx – (Wrath-lot-Heretics-Epicureans), from Canto VIII till the end of Canto XII and “The Arpies» – (Sodomites-Violents-Panderers, etc.), from Canto XIII oil thee end of Canto XVIII from scene 29 till scene 33.
Terza Parte «The Malebolge» – (Devils-Metamorphoses-Thais-Ulysses), from Canto XIX till the end of Canto XXVII from scene 34 till scene 47.
Quarta Parte «And finally we left to see the stars again»… Sowers of discord and traitors (Count Ugolino-Brutus-Judas-Lucifer), from scene 48 till scene 60) from Canto XXVIII till the end of the poem (Canto XXXIV).

Dalle note sulla proposta si legge di «un viaggio nella psiche umana da realizzare con un set-up di nuove tecniche cinematografiche ed effetti speciali». Seguono le descrizioni della proposta di Bini alla Sony con il racconto delle esperienze di Dante, «Sulla sua crisi, in mezzo al cammino di nostra vita, l’aiuto dato da Beatrice -il suo grande amore- e da Virgilio il suo maestro. Un viaggio attraverso l’inferno come un elenco di esperienze su tutto ciò che è diabolico o positivo nella vita».

Nella proposta si legge della «possibilità di usare il mix degli attori, l’animazione computerizzata, ottica e chimica, e tutti gli effetti elettronici insieme, con fusioni naturalmente straordinarie e immagini innaturali di meravigliose creature meccaniche. Una fantastica versione cinematografica dell’Inferno di Dante e possiamo essere sicuri di un risultato sensazionale che sarà assicurato dalla diversa sensibilità dei famosi registi che abbiamo contattati scegliendo le parti a loro più congeniali».

Un progetto al quale Fellini pensava da venti anni e che ora cercava di far diventare un film a episodi con un prologo. Purtroppo per varie ragioni non se ne è fatto niente, le relazioni con la Sony si sono ingarbugliate, gli interlocutori si sono moltiplicati tra Sony Corporation ad Atsugi in Giappone, Sony Software e la Columbia in America, l’SBC a Basingstoke in UK. In Italia ad un certo punto si è aggiunta la International Movie Service Film con Assonitis e Ibrahim Moussa per rivendicare un contratto con Fellini di 5 anni. Alla branch della Sony Broadcast di Roma ero io a ricevere in copia i messaggi e a trasmettere le informazioni che avevo raccolto, ma alla fine tutto è rimasto avvolto in una bolla di interrogativi, le e-mail ancora non c’erano, solo telex e fax che rimbalzavano tra i continenti. Forse è stato proprio il destino di un film che non si riusciva a mettere in produzione. Il regista dopo pochi anni si sarebbe ammalato e anche i suoi pensieri sull’inferno e sulla morte sono svaniti nell’aldilà.

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