Favole nere, incubi e maghi nel «cattivo natale» di Vinicio Capossela
Musica Nuovo album per l'artista nato in Germania ma di origini irpine, si intitola «Sciusten Feste n. 1965»
Musica Nuovo album per l'artista nato in Germania ma di origini irpine, si intitola «Sciusten Feste n. 1965»
Non so esattamente quello che vi aspettate da un album di Vinicio Capossela e a dire la verità non so quello che Vinicio Capossela si aspetta dai suoi album. Aspettatevi una favola di Natale ma non troppo, aspettatevi un album pre-dum-post natalizio, perché questo è Sciusten Feste n.1965 (Warner Music), titolo scelto e marchiato (nei ricordi) e nella penna dal papà di Vinicio, il Sig. Vito. Si può ascoltare certo a Natale ma anche in spiaggia, una festa è sempre una festa, insomma a Natale puoi fare quello che non puoi fare mai, ma va bene anche a ottobre, novembre, agosto e senza giri di parole; alla domanda – com’è questo Sciusten Feste n.1965 di Vinicio Capossela, rispondiamo con maghi, re dei topi, feste, ombre e luci, ricordi come incubi e incubi che si sono poi realizzati, tutto stappando una bottiglia o sparando un colpo di fucile in aria.
Capossela è il dott. Drosselmeyer; l’orologiaio che porta i strani presenti ai suoi nipoti e che durante una vigilia della sera di Natale, porta in dono un banalissimo schiaccianoci in legno a forma di soldatino
ECCO, il nuovo lavoro del musicista nato in Germania ma di origini irpine, racconta una favola strana, non un solo Natale, ma tanti, quelli poveri e tristi, quelli ricchi e deficienti, quello dello spreco del tempo e del tempo che non abbiamo più, quello del momento in cui c’è poco da festeggiare ma è proprio per questo motivo che bisogna stappare la bottiglia. O anche Sciusten Feste n.1965 potrebbe essere pensato come un album di foto ricordo, appiccicate con la saliva e pronte a volare via o a essere riattaccate una sull’altra e scambiate di posto e tempo. Anche favole in questo disco, come quella dello schiaccianoci di Ernest Theodor Amadeus Hoffman, «una fiaba senza tempo, che ancora oggi fa riflettere sul significato del dono», che Vinicio fa rivivere nel brano Danza della Fata Confetto, riportandoci a Ciajkovskij.
E ALLORA Capossela è il dott. Drosselmeyer; l’orologiaio che porta i strani presenti ai suoi nipoti e che durante una vigilia della sera di Natale, porta in dono un banalissimo schiaccianoci in legno a forma di soldatino, che si rivelerà uno strumento fondamentale per la libertà e la felicità e per comprendere la vera essenza del Natale. Allora questo Sciusten Feste n.1965 è uno schiaccianoci, capace di aprire anche la noce più dura «Cratatuc» e oggi si sa che viviamo in un mondo pieno di «cratatuc».
Ma non contento Capossela /Drosselmeyer ci «regala» il mago dei maghi, quel Tom Waits che esiste ma non c’è, qui riproposto in quella straordinaria e disperata bugia- Christmas card from a hooker del 1978, dall’album Blue Valentine, ri-cantata in italiano e ri-arrangiata tra un Tom Waits e un «astro del ciel Pargol divin». Poi si aggiungono Campanelle, Conforto e Gioia, Santa Claus is coming to town, Bianco Natale stile Sid Vicious in My Way di Sinatra, Voodoo mambo, Agita (Aggita)… E per chiudere, riformulo la domanda: non so quello che vi aspettate da Vinicio Capossela e non sappiamo nemmeno quello che Vinicio si aspetta dai suoi album. Noi (io) ci aspettavamo una favola, un libro, uno schiaccianoci che finalmente rompesse la grande Cratatuc della banalità musicale che ci circonda: Sciusten Feste n.1965, lo schiaccianoci che non ti aspettavi, ma c’è.
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