Fausto Giaccone e le sue terre arse di giustizia e libertà
MOSTRE «Sardegna e altri continenti», dal 5 al 30 settembre la mostra a Palau. Gli scatti corrispondono al decennio 1967-1977. Dal Portogallo alla Bolivia da Portella della Ginestra a Parco Lambro e Montalto di Castro. Sull’isola approda invece nel 1975
MOSTRE «Sardegna e altri continenti», dal 5 al 30 settembre la mostra a Palau. Gli scatti corrispondono al decennio 1967-1977. Dal Portogallo alla Bolivia da Portella della Ginestra a Parco Lambro e Montalto di Castro. Sull’isola approda invece nel 1975
Dal 1967 al 1977. Un decennio spartiacque. Nella storia d’Italia e nella biografia di Fausto Giaccone, il fotografo al quale il festival «Isole che parlano», arrivato alla sua edizione numero 23, dedica una mostra intitolata Sardegna e altri continenti (1967-1977), dal 5 al 30 settembre al Centro di documentazione del territorio di Palau. Un decennio che, da Valle Giulia alla Bologna degli «Indiani metropolitani», dipana e chiude un ciclo. Con ciò che verrà dopo, ancora stiamo facendo i conti. Una mostra strutturata in due sezioni: la prima dedicata a una scelta di immagini scattate in Sardegna; una seconda rappresentativa dei lavori che Giaccone ha realizzato in Italia, in Europa e in Sud America.
«È la prima volta – spiega Giaccone – che metto insieme immagini sulla fase iniziale del mio percorso professionale: il decennio, appunto, dal 1967 al 1977». In principio c’è il movimento del Sessantotto. L’itinerario successivo si snoda attraverso i passaggi di una cultura che in quegli anni lanciava una sfida di radicalità sia politica sia di pensiero. Della Sardegna Giaccone fa conoscenza nel 1968 insieme con Pietro Pietrucci, inviato di «Astrolabio», il settimanale fondato da Ferruccio Parri. «Dovevamo documentare – racconta Giaccone – quello che allora veniva chiamato l’autunno rosso dei pastori. C’era un grande fermento nell’isola. Ricordo il Circolo culturale di Orgosolo, dove giovanissimi pastori dialogavano con gli studenti sulle loro condizioni di lavoro ma anche sulle sorti della rivoluzione mondiale e tutto il paese si batteva per impedire che i pascoli comunali venissero trasformati in un campo di addestramento per l’esercito». Nell’isola Giaccone ritorna un anno dopo, per raccontare un’industrializzazione per molti versi neocoloniale, con i poli petrolchimici che sorgevano come cattedrali nel deserto dentro un tessuto sociale ancora premoderno; l’inizio di un percorso che avrebbe portato al collasso economico e ambientale nel quale oggi vaste aree dell’isola si dibattono.
E ANCORA, Giaccone approda nell’isola nel 1975 per seguire una manifestazione pacifista internazionale: giovani che da tutta Europa protestano contro la presenza della base della Us Navy alla Maddalena e ne chiedono la chiusura. Fotoreportage ai quali si affiancano, documentati nella antologica di Palau, lavori di taglio più etnografico: due servizi del 1975 sulla tosatura delle pecore nel Nuorese e sull’allevamento dei cavalli a Santu Lussurgiu, nel cuore dell’isola. «I curatori della mostra – dice Giaccone – mi hanno fatto notare che c’è un filo rosso che lega queste mie cose di taglio più etnografico a diversi aspetti di ciò che ho realizzato fuori della Sardegna: il legame forte con la terra, con un sistema di valori che affonda le sue radici nella tradizione nel momento stesso in cui si apre al confronto, spesso drammatico, con le logiche di uno sviluppo economico che produce mutamento ma anche sradicamento e ingiustizia».
E in effetti c’è tutto un versante del lavoro di Giaccone, presente nella mostra di Palau, che va in questa direzione. Le immagini della commemorazione dei vent’anni della strage di Portella della Ginestra nel 1967; la documentazione fotografica del terremoto del Belice nel 1968; in Giordania, sempre nel 1968, il servizio sui feddayin del Fronte popolare di liberazione palestinese; in Portogallo nel 1976 le occupazioni contadine dei latifondi del Ribatejo nell’anno successivo alla rivoluzione dei Garofani; la Bolivia del 1976, in particolare una cerimonia a Tiahuanaco in onore della Pacha Mama (la Madre Terra). Ma in mostra ci sono anche la Gran Bretagna del 1970 con la swinging London e l’isola di Wight, il Parco Lambro nel 1976, gli indiani metropolitani che manifestano contro la centrale nucleare di Montalto di Castro nel 1977.
SINO A UN ESTRATTO di nove opere tratte da «Macondo, il mondo di Gabriel García Márquez», il libro edito da Postcart nel 2103. E alcuni inediti dal nuovo volume che uscirà a dicembre, realizzato con una parte del materiale dello sterminato archivio di Giaccone. Le lenti del suo obiettivo al perenne inseguimento di una domanda di libertà e di emancipazione forte e generosa. Mai spenta.
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