«Fatto un buon lavoro, ora lo stato si imponga sulle imprese»
Intervista a Franco Focareta (commissione Colao) Il docente e storico avvocato della Fiom: «Nella task force ero in minoranza, mi sono dedicato alla riduzione del danno. Su formazione, fusione di imprese e reshoring però sono stato ascoltato. Spero di lavorarci»
Intervista a Franco Focareta (commissione Colao) Il docente e storico avvocato della Fiom: «Nella task force ero in minoranza, mi sono dedicato alla riduzione del danno. Su formazione, fusione di imprese e reshoring però sono stato ascoltato. Spero di lavorarci»
Ligio all’impegno «a non parlare finchè il piano non fosse stato presentato pubblicamente», Franco Focareta – docente di Diritto del lavoro all’università di Bologna e storico avvocato della Fiom, con cui battè Fca in Corte Costituzionale nel 2013 – rompe il silenzio e racconta i due mesi da membro della task force guidata da Vittorio Colao.
Focareta, che esperienza è stata far parte della commissione?
Un’esperienza molto faticosa. Sono stati due mesi impegnativi, soprattutto nella prima parte. Ci siamo insediati il 10 aprile e il 27 abbiamo consegnato il documento sul se e come riaprire dopo il lockdown. Credo che in quel caso sia stato fatto un ottimo lavoro e sia stato anche molto seguito nella pratica. Dopo invece c’è stato più sfilacciamento anche per le pressioni delle Regioni che chiedevano riaperture più cadenzate. Dai primi di maggio invece ci siamo occupati del piano per il rilancio del paese, per usare la crisi e le risorse che arriveranno per trasformare il paese con spavalderia e coraggio.
Un piano che ieri Colao ha presentato quasi in sordina, da settimane si sapeva già fosse stato messo in naftalina.
In realtà il documento proposto ieri dal governo riprende in buona parte molte delle nostre indicazioni delle 100 schede da noi consegnate. Queste potevano essere più o meno valorizzate ma il nostro compito era consegnarle e a questo ci siamo limitati.
Lei era sicuramente il componente più di sinistra della commissione, soprattutto prima dell’integrazione al femminile. Come ha vissuto il suo ruolo?
Sicuramente ero in una posizione di minoranza e ho cercato di avere un ruolo di riduzione del danno. Su alcuni temi, penso soprattutto alla giustizia paralizzata – al blocco dei tribunali dove sarebbe bastato un protocollo unico o l’obbligo delle udienze e delle conciliazioni in remoto per non fermarla – ho insistito molto e non sono stato ascoltato. Su altri temi invece credo che il lavoro fatto sia importante.
Ci può fare qualche esempio concreto?
Certo. L’intervento sulla formazione professionale – l’idea di mixare la cassa integrazione con percorsi formativi – o gli incentivi alla fusione delle aziende che possono rilevare quelle in fallimento facendo risparmiare allo stato fino a 60mila euro a lavoratore e salvare il know how di filiera oppure il reshoring, lo sfruttare la fine del decentramento produttivo (col Covid le imprese si sono rese conto che produrre lontano è troppo rischioso) per riportare le produzioni in Italia con incentivi di vantaggio.
Queste idee saranno riprese dal governo? Come pensa ci si possa riuscire?
Spero di essere contattato dal ministero del Lavoro per poter spiegarle e aiutare nell’applicazione. Sarebbe importante.
Dalla mancata zona rossa ad Alzano e Nembro, le pressioni della nuova Confindustria a guida Bonomi stanno dominando questo periodo. Nella commissione si sono sentite?
Di sicuro l’approccio della commissione era attento e sensibile alla logica d’impresa. Ora che il lavoro è finito e posso parlare da ricercatore, posso dirle però che tutto si giocherà su come lo stato interpreterà il suo nuovo ruolo da protagonista. Le imprese hanno bisogno di risorse e lo stato dovrà farsi sentire: perché se una impresa va da una banca, la banca in cambio dei soldi chiede di avere un posto nel cda e nessun imprenditore osa protestare e se lo fa lo stato si alza un polverone? Io sono ottimista: non credo che rivedremo le solite rapine di soldi pubblici da parte dei soliti noti. Anche perché diversamente la crisi porterà al baratro sociale. Con gli anni sto passando da anarcoide ribelle a statalista: il suo ruolo sarà decisivo.
Com’è stato lavorare con Vittorio Colao?
Approccio anglosassone, molta riservatezza e consegna del lavoro per il committente. Ma si è lavorato abbastanza coralmente e Colao ha dimostrato di ascoltare tutti, ogni mia obiezione veniva presa sul serio. Anzi, durante l’ultimo periodo quando molti erano scoraggiati, Colao è sempre stato determinato e propulsivo, forse perché più abituato al contesto. Per questo ho firmato con convinzione il piano. È stata una buona esperienza che mi ha permesso di conoscere persone capaci e competenti.
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