Fino all’altro ieri era sempre il futuro a essere distopico. Bei tempi d’una volta, si direbbe entrando nel cronorifugio sonoro edificato da Josh Tillman alias Father John Misty con le undici tracce di Chloë And The Next 20th Century (Sub Pop/Bella Union). Un lavoro con cui, dopo il più schietto God’s Favorite Customer di quattro anni fa, il versatile songwriter di Rockville ritorna al metalinguaggio di Pure Comedy, in cui si autodefiniva «Another white guy in 2017/ Who takes himself so goddamn seriously». Ma più che i testi, nel nuovo album è la musica a rappresentare se stessa, attraverso un ingegnoso utilizzo di citazioni, giustapposizioni e pastiche, da cui scaturisce una hauntology di stampo a tratti lynchiano, per quanto sa essere inquietante.

Non un semplice esercizio di stile ma una metodica ripresa di segni estratti da un passato stratificato; un revival di seconda mano, un costume di Broadway ripescato a Carnaby Street. Chloë, traccia di apertura, è la Honey Pie di Father John Misty, che alla nostalgia del McCartney sessantottino aggiunge un tratto noir destinato a propagarsi nelle cronache di inadeguate relazioni sentimentali sottratte alla delusione da un incidente stradale (We Could Be Strangers) o riaccese dalla morte di un animale domestico (Goodbye Mr Blue, brano in cui Tillman ironizza musicalmente sul confine tra citazione e plagio, riproponendo con sfacciataggine il classico Everybody’s Talkin’).

Non un semplice esercizio di stile ma una metodica ripresa di segni estratti da un passato stratificato; un revival di seconda mano, un costume di Broadway ripescato a Carnaby Street.

SE PURE COMEDY aveva abbattuto la quarta parete discografica, adesso è l’intero edificio a essere smantellato, lasciando sovrapporre in trasparenza le immagini acustiche di epoche distanti, come il barocco visto dalla Swinging London in Q4, la bossa nova già manierista di Olvidado, gli archi iperbolicamente leziosi di Funny Girl o il violino à la Grappelli messo tra virgolette nel mix di Only A Fool.
Ma è proprio quando viene rivelato che il trucco mostra il suo autentico valore: l’arrangiamento rétro di Drew Erikson cerca intenzionalmente lo scontro con una voce dal timbro assolutamente contemporaneo, che gli spettri li indica più che evocarli, legando la pletora di riferimenti sonori con poderose arcate melodiche. «Non so voi», chiosa Tillman in The Next 20th Century, «ma io mi tengo le canzoni d’amore e vi dò in cambio il futuro». In attesa dell’avvenire, fuori e dentro la nuova musica di Father John Misty è il presente stesso a essere distopico.