Fassina: «Una nuova ’cosa’? Ora no»
Democrack L'ex viceministro: il leader Fiom ha ragione, la rappresentanza del lavoro non è all'altezza. Ma il Pd non è solo Renzi
Democrack L'ex viceministro: il leader Fiom ha ragione, la rappresentanza del lavoro non è all'altezza. Ma il Pd non è solo Renzi
Stefano Fassina, il presidente Renzi dice che Landini è un sindacalista sconfitto e per questo si dà alla politica.
Intanto Landini ha smentito l’intenzione di un suo impegno diretto in politica. Per il resto quello di Renzi è un copione consolidato. La valutazione strumentale di chi non vuole rispondere ai problemi che vengono posti. Il presidente del consiglio tende alla delegittimazione morale di chi ha un punto di vista diverso dal suo. Prima è toccato ai senatori che ponevano dubbi sul nuovo senato, poi ad alcuni di noi che ponevano problemi sul jobs act. E adesso tocca a Landini.
Landini smentisce di voler entrare in politica, ma Renzi non è il primo ad interpretare le sue parole in maniera opposta. Secondo lei il leader della Fiom vuole fare un passo verso la politica?
No. Landini pone, e non da ieri, un problema vero e cioè che il lavoro non ha rappresentanza politica. E pone anche il tema della ricomposizione di frammenti sociali che non trovano un rapporto adeguato con la politica.
Lui la chiama ’coalizione sociale’. Cos’è?
Io la interpreto come una precondizione per arrivare a ricostruire una rappresentaza politica. Non la vedo come la proposta di una soggettività immediatamente politica. Insomma non è un nuovo partito.
Però Sergio Cofferati, che a Landini è oggi molto vicino, dal suo abbandono del Pd sostiene che c’è bisogno di dare un nuovo punto di riferimento elettorale alla sinistra. E ovviamente non parla del Pd, ma di un nuovo partito, o comunque un nuovo contenitore.
Parlare di questo oggi è una scorciatoia. Intendiamoci: non escludo che per il futuro sia uno sbocco possibile. Ma oggi c’è ancora il bisogno di condividere un’analisi, una proposta politica.
Condividere con chi? Sul lavoro, per esempio, dopo il jobs act e i decreti relativi, le posizioni del Pd sono chiare. E sono lontanissime da quelle della Cgil, di Cofferati e della sinistra. A parte alcune rare eccezioni fra cui lei.
Non è precisamente così. Il Pd di Renzi non esaurisce tutto il partito democratico, e il gruppo parlamentare del Pd così subalterno al governo non esaurisce tutto il Pd. Fuori dai palazzi c’è ancora una significativa parte di noi che non si è arresa.
L’idea della coalizione sociale sembra però prescindere dai partiti presenti, non solo il suo, anche quelli più piccoli della sinistra.
Se Landini dice che la politica non dà una rappresentanza adeguata al lavoro io sono d’accordo con lui. Se dicesse che la sinistra esistente, per esempio in parlamento e anche nel Pd, è irrimediabilmente compromessa io non sarei d’accordo. Credo che ci sia una parte che vuole essere attiva proprio per arrivare a una rappresentanza adeguata dei mondi non rappresentati. A partire dal lavoro. Che poi questo non si possa fare con i contenitori attuali è un punto che dobbiamo verificare: può darsi che non sia possibile. Ma siamo ancora ai passi preliminari.
Se quello di Landini è un discorso preliminare, vuol dire comunque che dopo arriverà una scelta di impegno in politica?
Non so se sarà una scelta sua personale, anzi mi sentirei di escluderlo. Ma ripeto: è chiaro che il quadro attuale non è adeguato ai problemi che molta parte di questo paese soffre.
Infine c’è il tema della leadership di questa eventuale nuova ’cosa’. Il tema, o forse anche il problema della leadership.
C’è, ma non servono illusioni di figure miracolose che possano risolvere il problema. La leadership è il prodotto dei processi collettivi che si mettono in moto. La leadership va oltre una figura, deve configurarsi come la messa in campo di una classe dirigente.
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