Farc-governo colombiano, oggi il nuovo accordo di pace
Bogotà Il testo verrà discusso dal Parlamento
Bogotà Il testo verrà discusso dal Parlamento
Un nuovo accordo «di pace e speranza» verrà firmato oggi in Colombia tra il governo di Manuel Santos e la guerriglia marxista Farc. I mediatori del gruppo armato, che esiste da 52 anni, sono arrivati per questo a Bogotà. Il nuovo testo è stato licenziato il 12 novembre scorso all’Avana, già sede delle precedenti trattative che, dopo quasi quattro anni, avevano portato a una storica firma. Gli entusiasmi suscitati dalla cerimonia internazionale, celebrata il 2 ottobre a Cartagena, erano però stati freddati dal risultato del referendum che, seppur con poco margine – 50,2% contro 49,7% – aveva dato la vittoria al No.
Gli avversari della pace, capitanati dall’ex presidente Alvaro Uribe (grande sponsor dei paramilitari) avevano già fatto capire l’aria il 2 ottobre: durante il discorso del comandante Timoshenko, 4 cacciabombardieri si erano levati in volo con perfetta sincronia, lasciando tutti di stucco. Un chiaro avvertimento: «Speriamo che questa volta non si levino in volo per sganciare bombe, ma per celebrare la pace», aveva detto Timoshenko. Già dal giorno, era partita una campagna sporca basata sulla paura «del comunismo e del castro-madurismo» e sui peggiori luoghi comuni della destra colombiana. Gli alleati di Santos, al contrario, non si erano dati da fare più di tanto durante la breve campagna elettorale. E nel referendum – che la sinistra aveva considerato un inutile e rischioso passo di cui Santos avrebbe potuto fare a meno – aveva perso la pace.
In compenso, il presidente colombiano aveva ricevuto il Nobel: un incitamento a portare a casa un risultato effettivo, aveva affermato. E subito si era incontrato con Uribe e soci, che gli avevano consegnato ben 400 proposte per disarticolare il testo della soluzione politica. Secondo i mediatori, il nuovo accordo raggiunto ha incorporato il 65% delle proposte uribiste ma, lunedì scorso, dopo una riunione di 7 ore, l’ex presidente ora senatore si è messo ancora di traverso, e ha preteso un nuovo referendum. Santos ha però annunciato che sottoporrà il documento, passato dalle precedenti 297 alle attuali 310 pagine, all’approvazione del Parlamento, dove ha la maggioranza.
L’atteggiamento di Uribe, questa volta ha fatto uscire fuori dai gangheri persino il compassato mediatore del governo, Humberto de la Calle, che ha denunciato il boicottaggio pretestuoso del campo avverso e ha ricordato che la recrudescenza del paramilitarismo, l’omicidio di vari leader sociali così come l’uccisione da parte dell’esercito di due guerriglieri – che si trovavano nei pressi di uno dei punti di smobilitazione delle Farc – evidenziano la «fragilità del cessate il fuoco e un aggravamento della violenza». Il cessate il fuoco scade il 31 dicembre.
Intanto, torna lo spettro del massacro dell’Union patriotica, l’alleanza con cui, negli anni ’80, le Farc si erano presentate (con successo) alle elezioni dopo un precedente accordo, sterminata dall’azione congiunta di esercito e paramilitari. In questi ultimi giorni, sono stati uccisi diversi leader contadini e militanti del movimento Marcha Patriotica. Anche l’Onu, uno degli organismi di garanzia degli accordi di pace, insieme alla Celac, ha chiesto che venga aperta un’indagine. Intanto, le organizzazioni contadine denunciano che, a fronte di oltre 2.700 domande di assegnazione delle terre, solo nel dipartimento Sucre hanno ricevuto in risposta 25 minacce di morte, sei omicidi e vari attentati.
La questione della terra – centrale nelle cause che hanno portato al sorgere dell’opposizione armata – è stata al cuore degli accordi: il primo punto sottoscritto. Le destre hanno imposto ora la cancellazione di ogni riferimento a possibili cambiamenti strutturali e «la difesa della proprietà privata». Depotenziata anche l’ottica di genere: per soddisfare le componenti religiose reazionarie, fermamente contrapposte alla chiesa di base, che ha invece accompagnato le comunità nelle denunce e nella resistenza quotidiana.
Uribe avrebbe voluto cancellare ogni possibilità di rientro delle Farc nella vita politica almeno fino a compimento della pena, che – secondo le destre – dovrebbero scontare «in una colonia agricola». Un punto su cui sono passati solo in parte. Hanno invece ottenuto che gli accordi non vengano incorporati nella costituzione, lasciando così la possibilità di una loro futura rimessa in causa. Ma un’altra grande incognita pesa sulla soluzione politica colombiana dopo l’elezione di Trump: che potrebbe disporre altrimenti dei finanziamenti decisi da Obama per il post-accordo. E comunque chiudere a doppia mandata i prigionieri politici negli Usa.
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