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Fantacronaca dell’esodo democratico

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Regionali Gli ultimi risultati elettorali dell’Emilia Romagna sono un segnale di forte protesta ma indicano anche il pericolo di cosa potrebbe accadere in Italia, se il distacco dalle urne dimostrato dagli elettori più assidui del voto diventasse un fenomeno nazionale. Un disastro per la democrazia ma anche un grande vantaggio per il Partito unico della nazione

Pubblicato quasi 10 anni faEdizione del 29 novembre 2014

Il Signor Gregorio S. si alzò una mattina senza accendere la radio, come aveva sempre fatto in passato. Prima di salire in auto per recarsi al lavoro, non passò dall’edicolante per acquistare la copia del solito quotidiano che leggeva ogni giorno da 40 anni. E la sera, seduto in poltrona, anziché accendere la televisione si mise a leggere un libro che gli avevano regalato il giorno del suo compleanno. Questa sarebbe una storia insignificante che non meriterebbe neppure di essere raccontata se non fosse per il fatto che quel lunedì altri 60 milioni di abitanti non avessero, per motivi del tutto indipendenti l’uno dagli altri, dimenticato di ascoltare la radio, dimenticato di acquistare il quotidiano e tenuta spenta la televisione.

Il giorno dopo alcuni quotidiani riportarono questo curioso avvenimento. Molti lo fecero nelle pagine interne accanto ai fatti di cronaca. Altri, più preoccupati, pubblicarono la notizia in un trafiletto in prima pagina anche se con scarso risalto. Ma nessuno lesse o commentò quel curioso avvenimento perché anche in quel secondo giorno, le persone, sempre per motivi indipendenti l’uno dagli altri, dimenticarono di acquistare i giornali e di ascoltare le notizie da radio e televisioni.

Il terzo giorno ne parlarono tutte le televisioni del paese, ma anche questa volta la notizia non venne ascoltata da nessuno. Nel frattempo le persone continuarono a vivere la loro vita quotidiana, facendo ogni giorno più o meno le stesse cose del giorno precedente, salvo: accendere la televisione, ascoltare la radio, acquistare quotidiani.

Il quarto giorno molti deputati e senatori posero il problema all’ordine del giorno del Parlamento, ma la notizia, per quanto allarmante, non fu riportata dalla stampa, neppure comunicata dalla radio e dalle televisioni per il semplice motivo che nessuno leggeva più giornali né ascoltava radio o vedeva la televisione.

Il quinto giorno i cittadini che passeggiavano nel centro storico della città assistettero alla più strana manifestazione che si fosse svolta nel mondo occidentale. Un corteo formato da un migliaio di persone transitava silenziosamente per la città con cartelli e striscioni nei quali c’erano scritte frasi tipo «cosa vi abbiamo fatto?», «perché non volete più ascoltarci?», accanto a più minacciose «senza di noi, voi non avete futuro», «la politica è il pane quotidiano». Guardando attentamente i volti dei manifestanti, i cittadini si accorsero che si trattava di persone influenti: deputati, senatori, segretari di partito, giornalisti, conduttori televisivi.

Il sesto giorno i parlamentari trovarono la porta di Montecitorio chiusa e si attestarono stupiti nella piazza in attesa di ricevere spiegazioni. Furono fatte diverse congetture. Quella che più circolava ipotizzava un colpo di Stato avvenuto nella notte, per alcuni ad opera della destra, per altri, della sinistra. Ma nel piazzale erano riuniti i parlamentari di tutti i partiti politici e, superato il primo momento di stupore e diffidenza, ben presto capirono che nessuno di loro ne sapeva niente. Il Presidente della Repubblica informato degli eventi scrisse un comunicato ufficiale per rassicurare gli animi, ma poi non sapendo a chi affidarlo, dal momento che radio, televisioni e quotidiani non venivano ascoltati o letti, si affacciò al balcone e lo lesse ai pochi turisti stupiti che sostavano nella piazza del Quirinale.

Il settimo giorno tutti i segretari di partito si riunirono per decidere cosa fare. L’analisi più condivisa era quella che la gente era ormai stanca di assistere a liti tra partiti e a interminabili discussioni politiche senza che nulla mai cambiasse. Decisero di sciogliersi per formare un unico partito che li comprendesse tutti in modo da evitare qualsiasi conflitto. Non sapendo come diffondere la notizia, i parlamentari ciclostilarono un volantino e lo distribuirono personalmente in tutti gli angoli della città. Il nuovo partito si sarebbe chiamato: «Partito Unico della Nazione».

Il Partito Unico della Nazione (Pun) approvò leggi, regolamenti, finanziarie, elaborò progetti di legge per la scuola e l’università, la sanità, i trasporti. Le leggi venivano approvate all’unanimità, non essendoci alcuna opposizione, e con una velocità che non si era mai riscontrata nel passato.

Gregorio S., e con lui altri 60 milioni di persone, continuarono ad alzarsi la mattina per andare al lavoro senza più accendere la radio, senza più acquistare quotidiani e senza più, la sera, vedere la televisione.

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