Fango e frane, in Calabria centinaia di sfollati e tre morti
Maltempo Mancata pulizia dei torrenti ed edilizia selvaggia: l’ennesima emergenza prevedibile. Perdono la vita una giovane madre e i due figli. Cede un ponte, voli cancellati
Maltempo Mancata pulizia dei torrenti ed edilizia selvaggia: l’ennesima emergenza prevedibile. Perdono la vita una giovane madre e i due figli. Cede un ponte, voli cancellati
Un campo di battaglia. Tre vittime, centinaia di sfollati, strade invase dal fango, ponti crollati, torrenti che esondano, sirene di ambulanze e vigili del fuoco riempiono le principali vie di collegamento.
Ormai è un appuntamento fisso con la tragedia quello che vive da anni la Calabria. Eppure ogni volta l’allerta meteo scatta tempestivo, la popolazione è informata, l’apparato preventivo della Protezione civile è dispiegato in tutte le sue articolazioni. Addirittura suscita polemiche la chiusura a scopo precauzionale delle scuole, com’è accaduto a Crotone e Catanzaro.
A perdere la vita stavolta, una giovane mamma e i suoi due bambini: nella serata tra giovedì e venerdì, la 30enne Stefania Signore e i suoi figlioletti di sette e due anni sono stati travolti dall’acqua del torrente Cantagalli, nella zona di San Pietro Lametino, sulla strada verso Gizzeria, in direzione della costa tirrenica.
Fino a ieri sera risultava ancora disperso il corpo del più piccolo dei due fratellini. Disagi e tragedie sfiorate in tutto il resto del territorio regionale. Sulla statale tirrenica, la temibile 18, un albero si è abbattuto su un’automobile: il conducente è rimasto ferito.
Sempre sulla SS 18, sono 16 le persone tratte in salvo dai vigili del fuoco. Dalla parte opposta, a Rocca Imperiale, sullo Jonio settentrionale, un’altra macchina, questa volta fortunatamente vuota, è stata trascinata in un torrente.
A San Giovanni in Fiore, in Sila, una frana di fango e detriti si è abbattuta sulle pareti esterne di alcune abitazioni senza provocare vittime e crolli. Ha ceduto invece il ponte delle Grazie a Curinga, sulla provinciale 19, nel Catanzarese. Per alcune ore il centro commerciale Due Mari di Lamezia si è trasformato in improvvisato ricovero dove hanno trovato rifugio tantissime persone bloccate dall’acqua e impossibilitate a rientrare nelle rispettive case.
Cancellati alcuni voli dall’aeroporto di Lamezia Terme. Su entrambi i versanti, treni in ritardo a causa dei binari allagati. Allerta rossa tra la costa catanzarese e la provincia di Crotone nella giornata di ieri. Declassato ad arancione il colore nella graduatoria del pericolo, ma rimane elevato il livello di rischio per oggi.
Il torrente Cantagalli, teatro della peggiore tragedia causata dal maltempo nelle ultime ore, è uno dei tanti corsi d’acqua in apparenza mansueti, capaci però di ingrossarsi in pochi minuti, fino a straripare. Sono venature aride, che all’improvviso si trasformano in mostri fangosi.
La conformazione del territorio, aggobbito nell’asse centrale e scosceso sui due versanti marittimi, converte le precipitazioni in fulminee valanghe d’acqua. Mescolandosi con terreni friabili, melmose si incanalano nelle fiumare e nei torrenti fino a causarne lo straripamento.
Chiunque si trovi nelle immediate vicinanze, non ha scampo. In presenza di nubifragi, come quelli ampiamente previsti per le scorse 48 ore, è praticamente impossibile localizzare le aree precise in cui gli effetti potrebbero rivelarsi più devastanti. È già accaduto diverse volte.
Crotone fu colpita nell’ottobre del 1996: le vittime furono sei. Nel settembre 2000, a Soverato, persero la vita tredici persone nel camping «Le Giare». Non si registrarono morti nell’agosto 2015 a Rossano perché il fenomeno si verificò all’alba quando le strade erano deserte. L’estate scorsa, dieci escursionisti sono usciti cadaveri dal torrente Raganello.
È ancora presto per individuare eventuali responsabilità. Tuttavia, il progressivo abbandono della cura dei territori, associato all’edilizia selvaggia e alla mancanza di manutenzione dei torrenti, è tra le cause principali di questa situazione.
Nel solo 2016, 77.096 ettari di terreno, pari al 5,11per cento del totale, sono stati cementificati nell’entroterra. È quanto emerge da un rapporto della Coldiretti. Devastante anche l’aggressione al panorama marittimo: già nel 2015 Legambiente segnalava che il 65 per cento dei paesaggi costieri ha subìto un’immensa colata di calcestruzzo. Addirittura 523 dei 798 chilometri di litorale sono stati fagocitati da villette, residence e centri turistici.
Alberto Ziparo, docente di Pianificazione urbanistica all’università di Firenze, fa notare che in Calabria le norme per bloccare la cementificazione ci sarebbero, ma sia il governo Scopelliti che quello Oliverio hanno concesso deroghe ai comuni sotto i 5mila abitanti: l’85 per cento sul totale dei municipi. «Abbiamo dispiegato tutte le nostre forze con personale, mezzi, attrezzature e tecnici», così Carlo Tansi, capo della Protezione civile regionale.
Già in circostanze analoghe, Tansi ha denunciato i tagli ai finanziamenti per la prevenzione e la messa in sicurezza del territorio: «Molti corsi d’acqua sono pieni di detriti e questo causa esondazioni. Bisogna attrezzarsi adeguatamente nella gestione di queste emergenze».
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