Cultura

Fabiola Gianotti, nomina con suspence

Fabiola Gianotti, nomina con suspenceFabiola Gianotti e il Cern di Ginevra

Scienza La fisica italiana guiderà il Cern per altri cinque anni. Ma il futuro della Big Science europea è a rischio e il principale concorrente del mega-acceleratore si chiama Cina

Pubblicato circa 5 anni faEdizione del 10 novembre 2019

La conferma di Fabiola Gianotti alla direzione del Consiglio europeo di ricerca nucleare (Cern) per il quinquennio 2021-2025 non era affatto scontata. Il rinnovo non è nemmeno previsto dallo statuto quindi si tratterà di un nuovo mandato a tutti gli effetti. In secondo luogo, interrompe una rotazione in cui la fisica italiana poteva già considerarsi soddisfatta, visto che su sedici mandati finora ben quattro sono toccati all’Italia.
Dopo il fondatore Edoardo Amaldi nel biennio 1952-54, anche Carlo Rubbia e Luciano Maiani hanno guidato il Cern. 59 anni, romana ma milanese di adozione, Fabiola Gianotti è una delle scienziate più note al mondo e deve la sua fama alla scoperta del «bosone di Higgs» nel 2012. Fu lei, come portavoce dell’esperimento denominato «Atlas» a annunciare la conferma dell’esistenza della particella insieme all’esperimento concorrente «Cms», predisposto dal Cern per avere una conferma indipendente della scoperta. Entrambi gli esperimenti si sono svolti all’acceleratore di particelle Lhc («Large Hadron Collider»), nei dintorni di Ginevra in cui ha sede il Cern, un tunnel circolare in cui i protoni alla velocità della luce si scontrano dando vita a nuove particelle, tra cui il bosone di Higgs. Oggi l’Lhc è spento per un periodo di profonda ristrutturazione che lo vedrà ripartire in una versione potenziata, chiamato Lhc «a alta luminosità», che inizierà a funzionare nel 2026.

GRAZIE A QUEL SUCCESSO, Gianotti fu nominata alla direzione del Cern per il primo mandato 2016-2020, positivo dal punto di vista dell’organizzazione. «I risultati degli ultimi quattro anni non sono miei personali ma sono il frutto di un lavoro di squadra», ha dichiarato la scienziata nella prima conferenza stampa. «Tanti sono gli esempi, dalla seconda run (il secondo periodo di rilevazioni nel principale acceleratore di particelle del Cern, ndr) del Lhc, che ha funzionato molto bene e oltre i parametri di design, al progetto Science Gateway e all’ingresso di nuovi Stati membri». Ora gli stati membri sono venticinque, ma il paese che manda il maggior numero di ricercatori a Ginevra sono gli Stati Uniti, che formalmente sono solo un «osservatore».
Science Gateway è il nome del progetto con cui il Cern tenta di aprirsi alla cittadinanza: un luogo dedicato alla divulgazione scientifica in cui accogliere visitatori da tutto il mondo a cui illustrare la missione pubblica di un centro di ricerca dedicato alle particelle fondamentali.
Il Cern produce conoscenza, ma anche innovazioni tecnologiche che permeano la vita quotidiana (il Web, ad esempio). E la diffusione di conoscenze è favorita dal fatto che il Cern, per statuto, non brevetta nulla. Science Gateway sarà costruito nel biennio 2020-2022 su progetto di Renzo Piano, e alla sua riuscita è legato in parte il destino del secondo mandato di Gianotti.

MA IL VERO BANCO di prova si chiama «European Particle Physics Strategy Update», cioè «Aggiornamento della strategia europea sulla fisica delle particelle». Su iniziativa del Cern, le principali agenzie di ricerca internazionale coordinano i loro progetti a lungo termine, che richiedono anni di pianificazione e investimenti miliardari che possono essere affrontati solo unendo le forze. Per dare un’idea, la realizzazione dell’acceleratore Lhc in cui è stato osservato il bosone di Higgs ha richiesto venticinque anni e dieci miliardi di euro di investimenti, necessari per attrezzare il tunnel sotterraneo lungo 27 km in cui far scontrare protoni alla velocità della luce. La «strategia» viene aggiornata ogni sette anni. La prossima versione è attesa per il 2020. Con tutta probabilità, quella nuova stabilirà quale sarà il successore di Lhc, il nuovo mega-acceleratore in cui far convergere le risorse umane e finanziarie dell’intera comunità nei decenni a venire. Si parla di acceleratori rettilinei o circolari lunghi decine di chilometri, che richiedono molti anni per la realizzazione e promettono di rimanere in funzione pelungo tempo.

IL PROGETTO PIÙ AMBIZIOSO si chiama Fcc (Future circular collider), e lo ha proposto il Cern. Consiste in un tunnel circolare lungo cento chilometri scavato a trecento metri di profondità, passando addirittura sotto il lago Lemano tra Francia e Svizzera. Costerebbe 22 miliardi di euro, e secondo il progetto fino al 2090 sarà il laboratorio più potente al mondo per studiare le particelle elementari. Permetterebbe di raggiungere energie otto volte superiori a quelle attuali, e aumentando l’energia delle collisioni è più probabile osservare fenomeni ancora sconosciuti. L’obiettivo è capire se il bosone di Higgs è, a sua volta, composto da altre particelle ancora ignote e come interagisce con quelle che conosciamo già. En passant, potrebbe spiegare il mistero della «materia oscura», quell’85% di massa presente nell’universo ma di cui non conosciamo la natura.

IL PRINCIPALE CONCORRENTE del Cern si chiama Cina. Anche l’Istituto per le alte energie cinese propone un acceleratore analogo, con costi più sostenibili per gli stati che decideranno di investirci. La Cina, però, non ha il bagaglio di competenze accumulato al Cern in sessant’anni di realizzazione di acceleratori sempre più potenti. La decisione sui prossimi stabilirà i nuovi equilibri nella Big Science mondiale. Se il Cern, nato per riunire le nazioni dopo la seconda guerra mondiale, riuscirà a coagulare gli sforzi internazionali intorno al progetto Fcc, la leadership europea nel campo della fisica fondamentale sarà garantita per molti decenni. Se, al contrario, vinceranno i sovranismi e i nuovi mega-acceleratori si sposteranno verso oriente, il Cern ne uscirebbe ridimensionato e il prossimo mandato di Fabiola Gianotti verrebbe ricordato come quello del declino della Big Science continentale.

 

NOTIZIARIO SCIENTIFICO

Tutte le migrazioni di Roma

Già alla sua fondazione nel 753 a.C., la popolazione di Roma aveva i tratti genetici di quella odierna. Lo sostiene una ricerca pubblicata dalla rivista Science, che ha analizzato il Dna ricavato dai resti di 127 individui vissuti negli ultimi 12mila anni nella zona dei sette colli. I paleogenetisti di diverse università europee hanno individuato due ondate migratorie che hanno lasciato il segno nei geni degli antichi romani. La prima deve essere avvenuta circa novemila anni fa, quando popolazioni di agricoltori e allevatori provenienti dal medioriente hanno soppiantato quelle precedenti, geneticamente più simili ai contemporanei vissuti in Europa occidentale. La seconda trasformazione accadde tra il 2900 e il 900 a.C., con un’incidenza di geni di provenienza euroasiatica coincidente con i progressi nelle tecniche di trasporto, all’epoca nel bacino del Mediterraneo. (an. cap.)

Voyager 2 è nello spazio interstellare

La sonda Voyager 2 è uscita dal sistema solare e viaggia nello spazio interstellare. Anche se ormai dista circa 120 unità astronomiche da noi (un’unità astronomica è pari alla distanza tra Terra e Sole) la sonda continua a inviare dati. Gli scienziati hanno registrato un improvviso calo del «vento solare», un parallelo aumento del numero dei raggi cosmici e del campo magnetico interstellare. Hanno potuto confrontare i dati con quelli inviati dalla Voyager 1: anch’essa aveva abbandonato il sistema solare nel 2018. Dal confronto emerge che la forma della zona di influenza del Sole è ancora un mistero: l’«eliosfera» potrebbe essere una bolla sferica o avere la forma di una cometa, con una scia dovuta al moto del sole nella galassia. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Nature Astronomy in una serie di articoli firmati da cinque diversi gruppi. (an. cap.)

 

 

L’intelligenza artificiale Copernicus

Sulla base del moto del sole e dei pianeti osservato dalla Terra, un sistema di intelligenza artificiale sviluppato al Politecnico di Zurigo dal fisico Renato Renner è riuscito a capire che la Terra gira intorno al Sole e non viceversa. Può sembrare scontato, ma per arrivare alla stessa conclusione l’umanità ha impiegato molti secoli. Il sistema consiste in una rete neurale per così dire «lobotomizzata»: la rete è costituita da due parti collegate da poche connessioni, con compiti cognitivi distinti tra loro. Lo studio serve a verificare la capacità delle reti neurali di individuare connessioni a partire dai dati, al punto da individuare nuove equazioni o correggere leggi note. L’obiettivo è applicare l’intelligenza artificiale per risolvere le discrepanze tra predizioni e osservazioni in meccanica quantistica. La ricerca è uscita sulla rivista Physical Review Letters.(an. cap.)

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