Fabio Tombari, grande scrittore di cose di orti
Ho avuto la fortuna di imbattermi nel volume Renda e Rondò di Fabio Tombari, prezioso per la formazione di chiunque voglia farsi giardiniere, su una bancarella di libri usati. E’ […]
Ho avuto la fortuna di imbattermi nel volume Renda e Rondò di Fabio Tombari, prezioso per la formazione di chiunque voglia farsi giardiniere, su una bancarella di libri usati. E’ […]
Ho avuto la fortuna di imbattermi nel volume Renda e Rondò di Fabio Tombari, prezioso per la formazione di chiunque voglia farsi giardiniere, su una bancarella di libri usati. E’ un testo Mondadori editore del 1973, non so se più ristampato ma ne varrebbe la pena. Impossibile da leggere in una volta sola e non perché astruso. Il contrario. Impossibile perché ciascuno di questi capitoli merita di essere letto ed assimilato. Fabio Tombari scrive a suo figlio Giovanni, prematuramente scomparso, una dedica straziante. Avrebbe voluto che, una volta cresciuto, costui avesse portato avanti l’opera. Quanto deve avere lavorato, cercato, quanti volumi deve avere compulsato, c’è tutto Steiner, Goethe, dentro queste pagine, un sapere immenso si intuisce. Paracelso, Plinio, Linneo: dalla teoria delle signature ad un sapere popolare contadino che più vivo non si potrebbe. Tombari scrive alieno dalle mode. Chi coltiva e vuole farsi giardiniere farebbe bene a tenerne una copia a portata di mano. Essendo impossibile leggerlo tutto d’un fiato, prenderlo e consultare, volendo, per esempio realizzare una aiuola-orologio. E vi troverebbe spunto per mille altre realizzazioni e meditazioni. Tombari ci regala, diluito con una bonomia ed un sorriso sornione, facendo dialogare i vari personaggi, Renda e Rondò, e la corte che li circonda, consigli utili e ci fa sorridere. Ci fa commuovere e riflettere, meditare sul tempo universale e, naturalmente, il libro è incentrato sulle piante, il tempo atmosferico e vegetale. E splende il sole e diluvia, in questo libro. Si sente la sua regione, dove ha vissuto per n vant’anni, le Marche, si sente che il mare non è lontano, scrive dalle colline e l’Adriatico è vicino. So che si tratta di un libro unico, mi viene in mente quello intitolato Le zucche. L’autore sembra avere ingoiato, inglobato dentro di sé, tutto un armadio di cataloghi, una enciclopedia di biodiversità vegetale immensa, penso al Vilmorin ottocentesco. Egli regala una messe di nomi di varietà e di forme di zucche che un innamorato ed appassionato ci si perde. Forme, colori, sapori e la gara, la gara per la zucca più grossa. Esistono, davvero, queste sagre di paese, una, in Italia è a Piozzo nel Cuneese, dove si presentano zucche dalle dimensioni mostruose.
Il libro apertamente parla di pozzi neri e di concimare a dovere e di cimare, lasciando un tralcio solo, per ottenere una zucca monstre. E’ un mondo di sagre di paese dove queste cose venivano prese molto sul serio. E questo è uno dei mille aspetti, tra le pieghe troviamo ricordi che dovevano essere tutti suoi ma che diventano nostri, come quella maestra che sapeva fare le ciliegie sotto spirito. E’ bene che ciascuno legga e trattenga, faccia proprio un particolare. Il sirfo è un insettino minuscolo, e pure lui, simbolo del puro, innocente e delicato avere diritto alla vita, è il protagonista di un capitolo.
Ci sta la pera Fetel e ci sono le erbe virtuose, c’è la malva, non mancano la rosa e non manca il giglio. Come leggere un manuale di giardinaggio, un atlante di botanica popolare senza leggere niente di tutto questo, pur sempre di un romanzo si tratta. Sicuramente, Fabio Tombari, merita di stare tra i grandi degli scrittori di cose di orto e di giardino, si capisce che ne sa per passione oltre che per studi personali.
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