I grandi autori, quelli che lasciano impronte profonde nelle musiche, ci donano opere “aperte”, che possono essere affrontate, riviste, re-inventate dalle prospettive più diverse: funzionano sempre. Nell’opera registrata di Fabrizio De André si sentono gli echi del folk italiano, angloamericano e mediterraneo, della chanson francese, del rock progressivo, delle note classiche. Manca il jazz, e non certo perché al maestro genovese non piacesse: nel 1956, giovanissimo, s’era comprato un disco di “cool jazz” del clarinettista Jimmy Giuffre che gli aveva lasciato segni profondi, e che per diversi anni lo aveva portato a suonarlo, il jazz, alla chitarra con amici come Luigi Tenco, clarinettista di valore prima di essere cantautore. Poi il jazz resta come amore, ma non come pratica né scelta di arrangiamento: nei suoi dischi De André amava fissare una sorta di versione definitiva che lasciava poco o nessuno spazio all’improvvisazione. E che gli serviva da traccia sicura, anti – panico neiconcerti. Il mondo del jazz ha spesso cercato le canzoni di De André, negli anni passati. La scaletta, in dieci brani, si muove con scelta oculata tra il De Andrè delle origini e gli ultimi, altissimi esiti poetico musicali. Con molte sorprese.

ADESSO ARRIVA, finalmente su disco, per Via Veneto Jazz, il progetto più compiuto e meditato sul “cantautore in jazz”, Viva De André già presentato in molte occasioni concertistiche importanti: lo firmano assieme Luigi Viva, biogafo scafato del maestro genovese, autore di due libri importanti, e voce recitante, e Luigi Masciari, direttore musicale, arrangiatore e chitarrista nel progetto. Chiamati a raccolta alcuni dei jazzisti più versatili della Penisola, Francesco Bearzatti, Gianfranco Locatelli, Pietro Iodice, Alfredo Paixão, e ospiti di valore come Giulio Carmassi, polistrumentista già nel Pat Metheny Unity Group e Michael League, leader degli Snarky Puppy, al basso e al liuto arabo che guida le danze della versione in jazz di Mégu Megún. La scaletta, in dieci brani, si muove con scelta oculata tra il De Andrè delle origini (La città vecchia, Valzer per un amore, Canzone dell’amore perduto) e gli ultimi, altissimi esiti poetico musicali. Con molte sorprese: una versione del Il pescatore che sfordera grinta e nerbo funk jazz, quasi un De André riletto dai Weather Report, e una cover per Crêuza de Mä, ormai a pieno titolo inno ligustico e mediteraneo globale, qui polpa sonora di raffinata delciatezza jazz. Viva De Andrè è stato presentato al Blue Note di Milano il 20 novembre, secondo appuntamento lunedì 28 all’Auditorium Parco della Musica a Roma.