Un ragazzo del liceo Righi di Roma, in visita al Senato con la sua classe, a un certo punto del pomeriggio di ieri ha alzato un braccio e ha mimato il gesto della pistola contro Giorgia Meloni, in quel momento impegnata con le sue comunicazioni all’aula. La notizia in sé varrebbe tra il poco e il niente, se non fosse che la destra ha trasformato la vicenda in – è il caso di dirlo – un colossale attacco al cuore dello stato. Eppure, dopo che il presidente La Russa aveva dato notizia del fattaccio («Per condannarlo nella maniera più decisiva anche se si tratta di un ragazzino»), lo studente aveva fatto le sue scuse al questore di FdI Gaetano Nastri, che aveva giustamente qualificato il tutto come stupidaggine meritevole al massimo di un rimbrotto. Non è bastato, e così è partito un florilegio di allarmi da parte della maggioranza, tra i meteorologi preoccupati per il «brutto clima», i delusi del «mancato rispetto per l’istituzione», quelli che «stanno tornando gli anni di piombo» e gli immancabili «la politica si dissoci», anche se non risulti che qualcuno si sia mai associato. Anche la premier ha preso la palla al balzo e si è dichiarata pubblicamente colpita dal fatto «che un gesto del genere avvenga in un’aula come questa nel giorno dell’anniversario della morte di Marco Biagi, un servitore delle istituzioni, dello Stato che ha pagato con la vita la sua disponibilità verso le istituzioni».

La preside del Righi, subito, si è detta pronta a sanzionare il ragazzo e poi ha vergato di suo pugno una lettera di scuse, letta pure da La Russa in aula: «Come corpo docente siamo colpiti e addolorati dall’episodio, che contrasta con il nostro impegno quotidiano per trasmettere ai ragazzi i valori del dialogo, del confronto democratico e della tolleranza verso tutte le opinioni. Il comportamento del ragazzo sarà punito con la severità che merita, coinvolgendo anche la sua famiglia, che è addolorata come noi. Mi scuso insieme ai docenti accompagnatori e ai ragazzi per quanto accaduto, che costituirà occasione di un approfondimento nel consiglio di classe e di una riflessione con i ragazzi». A quel punto persino La Russa, forse memore del suo passato da avvocato, ha invitato alla moderazione: «Spezzo una lancia affinché non ci sia una eccessiva punizione».

IN ANNI DURANTE i quali si parla di armi (vere) con sin troppa disinvoltura, che la sciocchezza di uno studente liceale divenga un caso politico stupisce. Ma fino a un certo punto: negli ultimi giorni si sono in effetti moltiplicati gli allarmi su un presunto ritorno in grande stile della violenza politica per alcune blande contestazioni nelle università e nelle strade, e il gesto della pistola al Senato viene così letto come un ultimo e forse definitivo indizio della rinascita del terrorismo. A proposito di gesti, comunque, pare ormai dimenticato quello del mitra fatto da Berlusconi nel 2008 all’indirizzo di una giornalista russa mentre era in compagnia di Vladimir Putin. È una questione diversa, si dirà. E in effetti in quella qualche timore di fondo era quantomeno fondato.