Visioni

Exploding Star Orchestra, sulle orme dei visionari

Exploding Star Orchestra, sulle orme dei visionariExploding Star Orchestra – foto di Ariele Monti

Live La formazione completa di Rob Mazurek in esclusiva europea con composizioni appositamente scritte per l’occasione.

Pubblicato 8 mesi faEdizione del 26 marzo 2024

L’evento aveva tutta i crismi dell’imperdibile: la formazione completa di Exploding Star Orchestra di Rob Mazurek in esclusiva europea con composizioni appositamente scritte per l’occasione. Sulle orme di visionari come Sun Ra, Art Ensemble of Chicago e Don Cherry, cercando nuove soluzioni nel solco di una grande tradizione di ricerca, parlando un idioma ibrido e peculiare e con cuore e orecchie aperte al futuro, la visione del chicagoano è complessa e accogliente, avventurosa ma ricca di rimandi al funk, al soul, sperimentale e consonante, alla perenne ricerca di un’idea di comunione, intima, cosmica e per questo anche politica, che si esprime in composizioni libere, metamorfiche, organiche. Psycho Chambers (Prisms#1#2#3) quelle che vengono presentate in un teatro Bonci pieno, a testimoniare il richiamo che esercita la formazione e anche la bontà del lavoro svolto da Area Sismica, la realtà forlivese faro delle musiche altre in Italia e non solo. L’internazionale dell’avant-jazz vede il leader a tromba e elettronica; la sezione ritmica è formata dal contrabbassista norvegese Ingebrigt Håker Flaten con i batteristi Mikel Patrick Avery, lo storico partner di Mazurek Chad Taylor e le percussioni e l’elettronica di Mauricio Takara, membro anche di São Paulo Underground.

IL CONTINGENTE brasiliano dell’orchestra include anche Thomas Roher alla rabeca, una sorta di violino tipico del forrò e del folklore portoghese e capoverdiano e l’americano-brasiliano Victor Vieira-Branco al vibrafono, percosso anche dal nostro Pasquale Mirra. Angelica Sanchez siede al pianoforte e Damon Locks aggiunge elettronica e voce in modalità spoken poetry a un quadro vivido di molteplici colori. Si fanno strada nella selva del groove apparizioni di figure melodiche pronte subito a mutare in altro, per un affresco corale dove l’effetto collettivo prevale sul dettato individuale. A metà strada tra scrittura e improvvisazione, i magnifici dieci danno vita a paesaggi inquieti, dallo sviluppo aperto, che in certi frangenti rievocano memorie del Miles Davis elettrico o dei suoni del quarto mondo di Jon Hassell; in altri ipotizzano sentieri galattici tutti da percorrere, tra evaporazioni ambient, ansie e satori siderali. Esplorazioni che tendono sempre a un punto di fuga che viene impercettibilmente spostato via via più in là. Dove ci porterà il prossimo viaggio?

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