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Ex Ilva, il Tar dà ragione al sindaco di Taranto: va chiusa, inquina ancora

Ex Ilva, il Tar dà ragione al sindaco di Taranto: va chiusa, inquina ancoraL'ex Ilva di Taranto vista dal mare – Foto Buenavista

La Sentenza Respinti i ricorsi di Arcelor Mittal e amministratori straordinari «Entro 60 giorni va completato lo spegnimento dell’area a caldo». Intanto al processo «ambiente svenduto» presto le richieste dei pm contro i Riva

Pubblicato quasi 4 anni faEdizione del 14 febbraio 2021

Il Tar di Lecce ha respinto i ricorsi presentati da ArcelorMittal Italia ed Ilva in amministrazione straordinaria, avverso l’ordinanza sindacale contingibile ed urgente del sindaco di Taranto Rinaldo Melucci del 27 febbraio 2020. Preoccupato dal rischio sanitario derivante dalla produzione dello stabilimento siderurgico e dalle emissioni in atmosfera dovute ad anomalie impiantistiche registrate tra agosto 2019 e il febbraio di un anno fa, il primo cittadino chiedeva l’eliminazione del rischio e, in via conseguente, la sospensione delle attività del siderurgico qualora non fosse possibile risolvere i problemi impiantistici.

I RICORSI SOSTENEVANO INVECE da un lato come il sindaco avesse emanato un’ordinanza al di fuori del perimetro legislativo, evidenziando «violazione e falsa applicazione delle leggi in tema ambientale, nonché eccesso di potere per travisamento in fatto e in diritto, carenza istruttoria e di motivazione, violazione del principio di proporzionalità e del principio di precauzione, incompetenza assoluta e straripamento di potere». ArcelorMittal ha già preannunciato ricorso al Consiglio di Stato.

Dopo aver ricevuto tutti i documenti richiesti ad Arpa Puglia, Ispra e ministero dell’Ambiente, il Tar ha ripercorso quanto avvenuto negli ultimi anni, riportando i dati dello studio Sentieri dell’Istituto Superiore di Sanità, riprendendo la sentenza della Cedu, ed evidenziando i ritardi sull’applicazione delle prescrizioni previste dall’Aia del 2012 e del Piano ambientale del 2017. Sottolineando come la sentenza della Corte Costituzionale del 2013, che imponeva il rispetto dei diritti implicati nella vicenda Ilva (salute, ambiente e lavoro), a fronte di quanto avvenuto negli ultimi anni non sia stata rispettata, essendo stato il diritto alla salute sacrificato a discapito della prosecuzione dell’attività produttiva attraverso impianti ancora privi di tutti i lavori previsti.

Quindi per il Tar la situazione in essere, legata agli eventi emissivi citati nell’ordinanza, legittimava il sindaco ad agire, in quanto anche il rispetto dei limiti emissivi previsti dalla legge non comporta la certa e conseguente tutela sanitaria della popolazione. Questo ha spinto il Tar a rigettare i ricorsi ritenendoli «infondati e i motivi aggiunti inammissibili».

STABILENDO «IL TERMINE DI 60 giorni per il completamento delle operazioni di spegnimento dell’area a caldo». Resta da capire ora cosa deciderà il Consiglio di Stato.

Nel frattempo è entrato nella fase finale il processo denominato «Ambiente Svenduto», sul presunto disastro ambientale provocato dall’ex Ilva sotto la gestione del gruppo Riva. È infatti iniziata la requisitoria della pubblica accusa, che vedrà impegnati i magistrati del pool ambientale della Procura di Taranto.

Dinanzi alla Corte d’Assise di Taranto il processo vede coinvolti 47 imputati: 44 persone fisiche (tra dirigenti ed ex dirigenti del siderurgico, politici e imprenditori) e tre società (Ilva, Riva Fire e Riva Forni elettrici). A vario titolo sono contestati i reati di associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale, all’avvelenamento di acque e sostanze alimentari, getto pericoloso di cose, omissione di cautele sui luoghi di lavoro, due omicidi colposi in relazione alla morte sul lavoro di due operai, concussione, abuso d’ufficio, falso ideologico e favoreggiamento. Tutti ribaditi nella requisitoria del pm in corso in questi giorni.

Al termine della requisitoria della pubblica accusa, saranno formulate le richieste di condanna o di assoluzione, o si prenderà atto della prescrizione di alcuni capi d’imputazione, considerando che alcuni fatti contestati sono datati anche 2009. Dopo di che toccherà alle parti civili ed infine alla difesa. A fronte del numero elevatissimo delle parti (ai 47 imputati si sommano oltre mille parti civili), dei tanti legali impegnati (in quattro anni di dibattimento si sono svolte centinaia di udienze con decine di teste), i tempi della discussione saranno molto lunghi. Probabilmente per arrivare al verdetto di primo grado serviranno diversi mesi, in un processo che comunque ha già riservato diversi colpi di scena nel corso del dibattimento.

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