Ex Ilva, funziona subito il «ricatto» di Mittal: Urso convoca le parti
Ilva Morselli aveva bloccato l’indotto come protesta per i mancati fondi del governo. I sindacati congelano lo sciopero: ora risposte
Ilva Morselli aveva bloccato l’indotto come protesta per i mancati fondi del governo. I sindacati congelano lo sciopero: ora risposte
Anche il governo Meloni dovrà fare i conti con il dossier Ilva, di cui negli ultimi mesi si erano perse le tracce. A riportare tutti sulla terra è stata Acciaierie d’Italia, che sabato mattina ha inviato una nota alle aziende dell’indotto, con la quale comunicava a causa di «sopraggiunte e superiori circostanze la necessità di sospendere le attività oggetto degli ordini fino al 16 gennaio 2023, oppure fino all’anteriore data prevista dagli ordini quale termine di consegna. Riguardo alla ripresa seguiranno nostre comunicazioni». E chiedendo alle aziende di smobilitare eventuali cantieri aperti «entro lunedì 14 novembre: decorso tale termine, sarà inibito ogni accesso in stabilimento».
L’INATTESA DECISIONE dell’azienda ha mandato in tilt lavoratori e sindacati, nonché la politica locale e regionale. In realtà il caso si è lentamente sgonfiato nelle successive 48 ore, quando si è compreso che il provvedimento riguardava in particolare i nuovi ordini e molti meno lavoratori di quelli inizialmente preventivati.
Ma il dossier Ilva è troppo delicato e decisivo perché il governo non intervenisse subito. Con il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso che ha convocato a Roma giovedì prossimo Regione e sindacati. Dal ministero però, hanno definito quella della società una decisione «che ha suscitato giustamente sconcerto, tanto più per le modalità con cui è stata annunciata, assolutamente inaccettabili». Rimarcando che «nulla era stato preannunciato dall’azienda negli incontri che lo stesso ministro aveva avuto nei giorni scorsi, proprio al fine di affrontare le problematiche anche in riferimento alle risorse pubbliche già destinate e ai nuovi provvedimenti appena deliberati, nel quadro di un programma che dia assoluta certezza sulla riconversione produttiva ed ecologica e sul futuro della più grande acciaieria d’Europa».
NELLE STESSE ORE Franco Bernabè, presidente di Acciaierie d’Italia, tornava a ribadire un concetto già espresso più volte negli ultimi tempi. Ovvero che i 700 milioni di euro già stanziati per l’ex Ilva tramite il socio pubblico Invitalia non sono ancora arrivati, con l’azienda che affronta una crisi di liquidità pesante che va sbloccata. L’accesso al credito bancario per l’azienda è oramai ridotto ai minimi termini, per cui la gestione della liquidità è divenuto un problema gigantesco.
SUL CASO È INTERVENUTA anche Confindustria in difficoltà perché sia Acciaierie che le imprese dell’indotto sono sue iscritte. «L’improvvisa sospensione dell’operatività delle imprese appaltatrici desta molta preoccupazione: auspichiamo al più presto una soluzione nell’interesse dei lavoratori e della vasta filiera di imprese fornitrici, scongiurando gravi ripercussioni sul tessuto sociale».
Infine, sempre ieri, si è tenuto a Taranto un incontro pubblico tra sindacati e parlamentari ionici. «La madre delle vertenze del nostro paese si trascina ormai da troppi anni, oltre dieci, senza che nessuno dei governi, di qualsiasi colore politico, sia riuscito a dare una risposta risolutiva alla vertenza in termini industriali, occupazionali che di ambientalizzazione», ricordano i sindacati. Per il momento è stato sospeso lo sciopero di 24 ore programmato per mercoledì, in attesa di ricevere novità concrete dall’incontro del giorno successivo al ministero. «Qualora l’incontro ministeriale non dia elementi di novità rispetto all’annullamento del provvedimento di Acciaierie d’Italia su appalto e indotto, nonché a un serio cronoprogramma certo della definizione della vertenza ex Ilva, a partire dall’assegnazione delle risorse individuate e non ancora assegnate dal governo, si darà seguito alla mobilitazione già individuata per lunedì 21 novembre», avvertono Fim, Fiom, Uilm e Usb.
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