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Ex Ilva, Arcelor Mittal perde la guida. Lo Stato torna ai forni

Ex Ilva, Arcelor Mittal perde la guida. Lo Stato torna ai forniL’ex Ilva di Taranto – Lapresse

Ex Ilva Accordo raggiunto. Il governo si riprende l’acciaieria. Un miliardo di aumento di capitale

Pubblicato quasi 4 anni faEdizione del 12 dicembre 2020

La firma è arrivata giovedì sera a Borse chiuse. Lo stato con Invitalia tornerà ad occuparsi direttamente della produzione di acciaio all’ex Ilva di Taranto, dopo i due anni di affitto degli impianti da parte di ArcelorMittal e i sei di commissariamento seguiti al sequestro degli impianti da parte della magistratura e il conseguente addio del gruppo Riva proprietario degli impianti dal 1995.

L’intesa siglata dopo mesi di trattativa, è un nuovo contratto di co-investimento, che comporterà una ricapitalizzazione di AM InvestCo, la società controllata di ArcelorMittal che aveva firmato il contratto di locazione e l’obbligo di acquisto per leattività di Ilva nel 2018. Invitalia investirà in AM InvestCo in due tranche: la prima consisterà in un aumento di capitale di 400 milioni di euro entro il 31 gennaio 2021, dopo aver ottenuto l’ok all’operaizone dall’antitrust Ue, conferendo ad Invitalia il controllo congiunto su AM InvestCo.

Il secondo aumento di capitale vedrà un finanziamento di 680 milioni di euro ed è pagabile alla chiusura dell’acquisto da parte di AM InvestCo delle attività di Ilva, che è soggetta al soddisfacimento di varie condizioni sospensive, entro maggio 2022, momento in cui la partecipazione di Invitalia in AM InvestCo raggiungerà il 60%. ArcelorMittal investirà 70 milioni di euro, nella misura necessaria per mantenere una partecipazione del 40% e il controllo congiunto della società. Meno capitale statale quindi ma una compartecipazione all’aumento di valore da parte della multinazionale.

Pochi, e già noti, i dettagli sul piano industriale. Che prevede investimenti in tecnologie per la produzione di acciaio a basso tenore di carbonio, con la costruzione di un forno elettrico ad arco da 2,5 milioni di tonnellate ed impianto di preridotto. Il piano, che mira a raggiungere 8 milioni di tonnellate di produzione nel 2025 attraverso il revamping dell’altoforno 5, il più grande d’Europa, prevede una serie di misure di intervento pubblico, incluso il sostegno all’occupazione finanziato dal governo.

Poche novità anche sul fronte governance di cui si dice solo che sin dall’inizio sarà condivisa, ma senza fare i nomi dei protagonisti, né dell’ad né del presidente oltre al cda che vedrà sei posti divisi a metà tra pubblico e privato. L’intesa riprende le clausole sospensive dell’accordo dello scorso 4 marzo per il closing definitivo dell’intesa nel maggio 2022. Ovvero la modifica del piano ambientale esistente per tenere conto delle modifiche del nuovo piano industriale, la revoca di tutti i sequestri penali sullo stabilimento di Taranto e l’assenza di misure restrittive – nel contesto di procedimenti penali in cui Ilva è imputata – imposte a AM InvestCo.

In pratica nessuno scudo penale, ma la certezza che nell’arco di due anni vengano rimosse tutte le imposizioni o i procedimenti legali che pendono sul siderurgico. Un elemento poco chiaro che forse rappresenta la vera criticità di tutta l’intesa. Ovviamente positivi i commenti da parte del governo. A partire dal premier Conte che da Bruxelles assicura: «Realizzeremo il progetto più avanzato, più serio e solido di transizione energetica. Ma non lo si fa dall’oggi al domani. Taranto avrà l’idrogeno, a confidiamo di accedere al Just transition fund».

Positivi i commenti dei ministri co-firmatari, Patuanelli, Gualtieri e Catalfo: «L’accordo prevede un significativo impegno finanziario da parte dello Stato e rappresenta un passo importante verso la decarbonizzazione attraverso l’avvio della produzione di acciaio con processi meno inquinanti» affermano. Promettendo «un’attenzione straordinaria alle manutenzioni e alla sicurezza dell’impianto», un prossimo «confronto con i sindacati» e l’accoglimento «della richiesta avanzata dalla Regione Puglia, dal Comune di Taranto e dalle altre rappresentanze territoriali per l’apertura di un tavolo di confronto».

Più prudenti i sindacati. «La firma dell’accordo di coinvestimento è assolutamente rilevante. Così lo Stato rientra nell’ex Ilva, attraverso le partecipazioni statali, nell’asset strategico della siderurgia. È una scelta di politica industriale. L’intesa non potrà essere un fatto solo finanziario ma dovrà assumere un ruolo di indirizzo e di controllo». È quanto dichiara Francesca Re David, segretaria generale Fiom-Cgil. «Conosciamo il piano industriale e il piano ambientale sono per titoli, è pertanto urgente la convocazione di un tavolo con tutti i soggetti coinvolti per garantire la piena occupazione, come previsto nell’accordo del 2018, e per discutere di tutti gli elementi del piano industriale e ambientale e del cronoprogramma degli investimenti» conclude la Re David.

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