Lavoro

Ex Gkn, un perverso gioco dell’oca sulla pelle degli operai

Ex Gkn, un perverso gioco dell’oca sulla pelle degli operaiOperai del Collettivo di Fabbrica – Biagianti

Reindustrializzazioni Ennesimo incontro infruttuoso al ministero del lavoro, che non può concedere la cassa integrazione straordinaria ai 330 addetti dello stabilimento se non in presenza di piano industriale definito nei particolari, che invece continua a mancare dopo 10 lunghi mesi dall'accordo di programma per la riconversione produttiva. Si torna al Mise, il 3 novembre prossimo.

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 29 ottobre 2022

Come primo effetto dell’assenza di Francesco Borgomeo al confronto convocato 24 ore prima dalla Regione Toscana per tornare a discutere della riconversione industriale della ex Gkn, ieri al ministero dal lavoro è stata ben presto sospesa la discussione legata alla richiesta aziendale di una cassa integrazione straordinaria per i 330 addetti rimasti dello stabilimento di Campi Bisenzio. A motivare tecnicamente la sospensione del tavolo, l’incontrovertibile dato di fatto di un piano industriale che, dopo dieci lunghi mesi dall’accordo quadro per la riconversione della fabbrica, non è mai partito. E visto che al momento non se ne intravedono né i contorni, né le prospettive, il ministero ora guidato da Marina Calderone ha confermato la linea del predecessore Andrea Orlando: senza un piano industriale definito nei particolari, non ci può essere una cassa integrazione straordinaria.
“Anche oggi l’azienda ha avuto un atteggiamento poco costruttivo e a tratti provocatorio – hanno spiegato al termine dell’incontro il coordinatore nazionale automotive Simone Marinelli e Stefano Angelini della Fiom fiorentina – ribadendo le stesse posizioni sul ruolo degli investitori e sull’agibilità dello stabilimento che da mesi vengono portate ai tavoli di confronto. L’assenza delle condizioni per poter discutere delle finalità dell’utilizzo dell’ammortizzatore sociale, ci ha portati a chiedere la sospensione del tavolo e la convocazione di un nuovo incontro al Mise, fissato per il 3 novembre prossimo”.
Così, come in un perverso gioco dell’oca, mercoledì prossimo andrà in scena una nuova puntata di quella che, a tutti gli effetti, è diventata una triste e poco comprensibile telenovela, ravvivata solo dalla straordinaria capacità di resistenza degli operai e del loro Collettivo di Fabbrica. Pronto, con un post su facebook, a tirare le somme di quando sta accadendo: “Un territorio intero raggirato, offeso, umiliato. Una cassa integrazione, soldi pubblici, che si vogliono ottenere sotto minaccia. Uno stabilimento sull’orlo del baratro, forse portato a questo punto deliberatamente. Vi piace giocare con la disperazione e il logoramento psicologico di oltre 300 famiglie? Uomini in giacca e cravatta, che forse prendono in un anno quanto noi in dieci anni di lavoro, che minacciano padri e madri di famiglia impegnate a contarsi i dieci euro in tasca”.
La stessa Confindustria fiorentina, dove giovedì c’era stato un robusto presidio operaio dopo il “bidone” dato da Borgomeo alla Regione Toscana, sembra prendere le distanze e tirarsi fuori dal pantano in cui è finita la riconversione industriale dello stabilimento campigiano: “In merito alla vicenda della ex Gkn, Confindustria Firenze ribadisce la propria preoccupazione per un adeguato rilancio industriale dell’area; allo stesso tempo sottolinea di non conoscere i progetti imprenditoriali di Qf, sui quali non è mai stata coinvolta, né di avere mai avuto contatti con la nuova proprietà dell’azienda”.
“Occorre mettere un punto sulla vicenda e ripartire – tira le somme la Fiom Cgil – sapendo che provocazioni e minacce possono solo aumentare la determinazione a trovare una soluzione concreta e solida di rilancio del sito industriale, e di tutela delle lavoratrici e dei lavoratori”. “Anche comprendendo la complessità della situazione nella quale si trova la nuova gestione dell’impresa – osserva a sua volta la Fim Cisl – riteniamo che il mancato rispetto da parte di QF degli impegni presi stia gravemente deteriorando l’importante patrimonio di fiducia, necessario al buon esito della vertenza”.

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