Alla vigilia dell’odierna manifestazione a sostegno degli operai ex Gkn, con partenza alle 14 dal Polo universitario delle scienze sociali in via Forlanini, dove un tempo sorgeva il grande stabilimento fiorentino della Fiat, si fa finalmente sentire il ministro Adolfo Urso. Ma solo per dire che il governo Meloni se ne lava le mani, e non ha alcuna intenzione di intervenire, se non con la concessione della cassa integrazione, per sostenere la reindustrializzazione della fabbrica. “Noi non abbiamo strumenti per intervenire – dice testuale il responsabile del Mimit ex Mise – almeno non come governo, al di là di un confronto, di un ascolto che abbiamo messo in campo, oltre che tutti gli strumenti degli ammortizzatori sociali”.
Insomma nessun intervento pubblico, ad esempio sul modello dell’ex Ilva di Taranto attraverso Mef e Invitalia. Una Invitalia che pure è stata presente per mesi ai tavoli di trattativa e pronta a intervenire, nalla vana attesa che Francesco Borgomeo presentasse un piano industriale minimamente credibile.
Come se non bastasse, il ministro ribadisce la linea cerchiobottista della collega di partito (Fdi) e sottosegretaria Fausta Bergamotto: “Per poter intervenire è necessario che sia ritirata la procedura di liquidazione e che gli operai consentano l’accesso alla fabbrica, perché è ovvio che, con una fabbrica occupata e una procedura di liquidazione, anche l’investitore straniero che volesse guardare a questo sito così significativo rimarrebbe un po’…”.
Una linea, quella della fabbrica occupata, che si scontra non soltanto con l’evidenza dei fatti, testimoniati dai ripetuti incontri all’interno dello stabilimento con i rappresentanti delle istituzioni toscane, Regione in testa. Viene anche smentita dalla sentenza della magistratura che, nella tarda serata di giovedì, ha respinto l’opposizione della Qf di Borgomeo al primo decreto ingiuntivo “pilota”, presentato dai legali degli operai, e teso ad ottenere stipendi che mancano da sei lunghi mesi.
“Non è configurabile nemmeno una situazione di oggettiva impossibilità sopravvenuta – scrive al riguardo il giudice del lavoro in sentenza – in quanto la inutilizzabilità della prestazione da parte del datore di lavoro, per ‘inagibilità’ dello stabilimento di Campi Bisenzio. non risulta provata”. Al contrario, il tribunale accerta che risulta provato il contrario, e cioè che lo stabilimento è agibile sulla base della stessa documentazione prodotta in giudizio da Qf.
Di qui il giudice ha stabilito che, per il periodo di copertura cigs fino al 9 ottobre 2022, il pagamento è a carico dell’Inps. Mentre Qf dovrà corrispondere al lavoratore l’importo di paga pieno per il restante periodo, e cioè per gli ultimi sei mesi. “Intanto però – chiosa la Rsu – ad oggi Qf continua a trattenere illegittimamente le nostre retribuzioni, e anche le buste paga, il nostro Cud , per impedire di far valere le nostre ragioni con altri ricorsi per ingiunzione”.
Nel mentre sono diventate una marea le adesioni alla manifestazione di oggi pomeriggio, con centinaia di esponenti del mondo della cultura, dell’arte e dell’università e ricerca, più di 130 associazioni locali e nazionali, a partire dall’Arci, e le forze politiche di sinistra. “Non possiamo aspettare che ogni tribunale ci dia ragione – è l’avviso finale ai naviganti degli operai – la piazza sarà anche per questo, perché la cassa retroattiva è una aberrazione, in spregio a tutte le imprese che invece per accedere alla cassa hanno bisogno di fornire evidenze e causali chiare, e perché il ricatto degli stipendi non può passare, o sarà un precedente che poi potrà essere utilizzato per tutte le lotte”.