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Eventi estremi, la lotta alla crisi climatica senza risorse

Dopo l’alluvione in Romagna dello scorso maggio ne abbiamo sentite di tutti i colori. Il vicepremier Matteo Salvini se l’è presa con gli pseudo ambientalisti «che non vogliono far mettere […]

Pubblicato 9 mesi faEdizione del 11 gennaio 2024

Dopo l’alluvione in Romagna dello scorso maggio ne abbiamo sentite di tutti i colori. Il vicepremier Matteo Salvini se l’è presa con gli pseudo ambientalisti «che non vogliono far mettere a posto gli argini per salvare le nutrie e i topi». Il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin ha tirato in ballo «un pezzo di cultura, anche ambientalista, rappresentata da quelli che in alcuni casi vivono nei loft», mentre il ministro Nello Musumeci ha parlato di «integralismo ambientalista che non fa gli interessi dell’ambiente».

Per stare allo stesso livello del dibattito avremmo potuto rispondere con «piove, governo ladro». Non l’abbiamo fatto. Abbiamo invece ribadito la nostra analisi degli eventi estremi sempre più intensi e disastrosi sul territorio nazionale, che aggravano una emergenza cronica fatta di una pessima gestione del territorio, un eccessivo consumo di suolo e la mancanza di politiche coraggiose contro il dissesto idrogeologico. Avevamo fatto la stessa cosa dopo gli eventi del 2022 nelle Marche e a Ischia e nella più recente alluvione in Toscana.

Non ci siamo limitati all’analisi ma abbiamo anche elaborato le nostre proposte per evitare che nel futuro situazioni simili si possano ripetere con le stesse conseguenze, economiche e luttuose, a cui ormai ci stiamo drammaticamente «abituando».

Oltre alla necessità di approvare una legge per fermare il consumo di suolo e promuovere la rigenerazione urbana con una semplificazione dell’abbattimento e della ricostruzione degli edifici, abbiamo sempre ribadito l’urgenza di approvare il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PNACC).

LO SCORSO 21 DICEMBRE, dopo quasi sei anni dalla prima bozza e quattro governi, il ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica ha finalmente approvato il Piano. Era il lontano 2018, infatti, quando il governo Gentiloni e il ministro Gianluca Galletti presentarono la prima bozza di Piano. Da allora si sono succeduti tre governi – Conte 1, Conte 2 e Draghi – e 2 ministri – Sergio Costa e Roberto Cingolani – e nessuno ha mai portato a compimento l’iter di approvazione. È una buona notizia, ma l’approvazione del Piano è condizione necessaria ma non sufficiente alla convivenza con gli eventi estremi.

CI SONO ANCORA NORME ATTUATIVE da approvare. Occorre, ad esempio, approvare il decreto che attiva l’Osservatorio nazionale per l’adattamento ai cambiamenti climatici, con funzione di coordinamento tra i livelli di governo del territorio e dei vari settori coinvolti. Ma soprattutto, per attuare le 361 azioni individuate è urgente stanziare le risorse economiche necessarie, ad oggi assenti e non previste neanche nell’ultima legge di bilancio, altrimenti il rischio è che il Piano resti solo sulla carta.

L’ITALIA È SEMPRE PIÙ ESPOSTA alla crisi climatica e all’intensificarsi degli eventi meteorologici estremi che nel 2023 sono arrivati a quota 378, +22% rispetto al 2022, con 31 vittime, come emerso dal bilancio di fine anno del nostro Osservatorio Città Clima. E in questi giorni l’ultimo rapporto del Servizio per il Cambiamento Climatico di Copernicus ha confermato che il 2023 è stato l’anno più caldo mai registrato dal 1850. Per questo è fondamentale una decisa strategia di prevenzione con adeguate risorse economiche per mettere in pratica le 361 azioni, tra cui la definizione delle aree e la realizzazione delle vasche di esondazione per ridare spazi ai fiumi, la delocalizzazione degli edifici costruiti in aree a rischio.

E NON SI DICA CHE NON ABBIAMO le risorse perché le stiamo già spendendo. Solo per i danni delle due alluvioni che nel 2023 hanno colpito Romagna e Toscana, l’Italia spenderà almeno 11 miliardi di euro, una cifra pari al 40% della legge di bilancio 2024 appena approvata.

I DANNI ALL’ECONOMIA ITALIANA saranno sempre più ingenti. Il PNACC elenca quelli relativi all’agricoltura, stimando una riduzione del valore della produzione agricola pari a 12,5 miliardi di euro nel 2050 in uno scenario con emissioni dimezzate al 2050 e pari a zero al 2080.

ANCHE SUL FRONTE DEL TURISMO si preannuncia un disastro economico. Con aumento della temperatura media di 2 °C, si stima una riduzione del 15% degli arrivi internazionali, del 22% se si arriverà a +4 °C. Tenendo conto anche dei turisti nazionali, l’impatto economico è stimato in una contrazione del 7% e dell’9% con perdite dirette per il settore stimate in 17 e 52 miliardi di euro nei due scenari climatici.

SARÀ POI IMPORTANTE APPROVARE un PNIEC, Piano Nazionale Integrato Energia e Clima, all’altezza della sfida, con obiettivi più ambiziosi di produzione di energia rinnovabile e di riduzione di gas climalteranti al 2030, rispetto alla versione inviata a Bruxelles e rispedita recentemente al mittente con diversi appunti non banali. Il governo, invece, insiste a pensare all’Italia come Hub del gas, all’ossimoro del nucleare sostenibile, a perdere tempo e ad alimentare la dipendenza dall’estero. È davvero curioso questo sovranismo del governo Meloni, spinto su tutti i fronti meno che sull’energia.

*Presidente nazionale di Legambiente

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