European Galactic Orchestra, il senso di comunità
Musica Il debutto della nuova formazione di Gabriele Mitelli a Novara Jazz, ha coinciso col ritorno del festival in presenza. Un ensemble internazionale che lavora su una visione aperta dell’improvvisazione. Il 22 giugno a Roma
Musica Il debutto della nuova formazione di Gabriele Mitelli a Novara Jazz, ha coinciso col ritorno del festival in presenza. Un ensemble internazionale che lavora su una visione aperta dell’improvvisazione. Il 22 giugno a Roma
Il varo era previsto per il 2020: poi ci si è messo di mezzo quello che sappiamo, e il debutto è slittato all’edizione di quest’anno di Novara Jazz, che nei primi due fine settimana di giugno ha fatto da battistrada al ritorno alla praticabilità dei festival musicali. Ma proprio la coincidenza del battesimo di una nuova orchestra con la ripresa del jazz in presenza ha reso l’esordio della European Galactic Orchestra un evento con una risonanza anche emotiva piuttosto speciale. Perché un’orchestra sono parecchie persone assieme, in questo caso dodici, e in più i membri della compagine vengono per un terzo dall’Italia ma per il resto da Monaco di Baviera, Marsiglia, Londra, Stoccolma eccetera, e quindi la Galactic (l’acronimo è EGO, ma suona un po’ all’opposto dello spirito che la formazione esprime) riusciva a comunicare proprio – dopo tutta la lunga fase di confinamenti – il senso di una comunità larga, transnazionale, che si ritrova e si ricompone.
AL DI LÀ delle contingenze, il fascino della dimensione comunitaria delle orchestre di jazz, con la connotazione anche politica» che questa dimensione ha assunto in molte compagini dell’avanguardia, è stato determinante nella decisione del trombettista Gabriele Mitelli di cercare di mettere in mare una formazione ampia; assieme con il desiderio di cimentarsi con un linguaggio orchestrale che è stato declinato in maniera tanto entusiasmante da diverse delle esperienze più avanzate in questo campo. E nella Galactic non manca chi qualcuna di queste esperienze le ha vissute: Tobias Delius, sax tenore e clarinetto, ha nel suo curriculum la olandese Instant Composers Pool, cruciale, sotto il magistero di Misha Mengelberg, nel campo dell’improvvisazione europea; Sebi Tramontana, trombone, ha fatto parte della indimenticata Italian Instabile Orchestra, protagonista fra l’altro di memorabili incontri con monumenti dell’avanguardia afroamericana come Cecil Taylor e Anthony Braxton; e si potrebbe continuare.
BRESCIANO, ormai di base in Calabria, Mitelli è uno dei più brillanti protagonisti della giovane generazione del jazz italiano, ed è attivo nell’area dell’improvvisazione di carattere più «radicale» e performativa, anche con l’impiego dell’elettronica. Mettere insieme la Galactic rispondeva all’esigenza che Mitelli ha avvertito di «fare gruppo» su una scala più ampia, e di prendere esteticamente posizione, a partire dall’intesa stabilita in questi ultimi anni con musicisti italiani e di diverse parti d’Europa, all’interno di una visione dell’improvvisazione come movimento largo, aperto, internazionale. «Quando dopo questi anni di musica in una direzione spiccatamente improvvisativa mi sono messo a scrivere delle composizioni e degli arrangiamenti per la Galactic – ci dice Mitelli – mi sono reso conto che pensare per un organico così grande era come ripartire da zero, e che mi venivano fuori delle cose molto ‘jazz’. Intanto Nino Locatelli stava scrivendo dei brani che erano molto in linea con quello che avevo in mente, e abbiamo allestito il repertorio parte io e parte lui».
Dopo due soli, due trii e un quartetto che il cartellone del secondo fine settimana di Novara Jazz ha ritagliato all’interno dell’organico della compagine (con in più uno splendido solo di violoncello di Ernst Reijseger nella Basilica di San Gaudenzio), la Galactic si è esibita in chiusura della 18a edizione nei giardini della Canonica del Duomo, allineando – oltre a Mitelli, Delius e Tramontana – Locatelli e Christophe Rocher, clarinetti, Pierre Borell, sax alto, Per-Ake Holmlander, tuba, Alexander Hawkins, piano, Christelle Sery, chitarra, Luca Tilli, violoncello, John Edwards, contrabbasso e Cristiano Calcagnile, batteria.
NON C’È DA STUPIRSI che un’orchestra che ha scelto di chiamarsi Galactic abbia aperto rivisitando un brano di Sun Ra; poi gli originali di Mitelli e Locatelli si sono inanellati in sequenze anche ampie in un vivace avvicendarsi di momenti di convergenza sui temi, di riff, di sprazzi di improvvisazione collettiva, di uscite solistiche. C’è un passaggio prettamente swing, ci sono colori ellingtoniani (e il bis evocherà anche In a Sentimental Mood), c’è un valzer dal sapore paesano, sembra di sentire Nino Rota (in realtà lo spunto è un brano tradizionale calabrese), soprattutto c’è un grande senso di libertà, di spontaneità e di movimento, fino al bis con il Thème de Céline dell’Art Ensemble, un tema di Mengelberg, e Ellington.
Ci voleva proprio l’iniziativa di un’orchestra così. È difficile far lavorare con un minimo di regolarità delle orchestre indirizzate ad un discorso non conformista, ma bene fa Mitelli a pensare già a delle evoluzioni, ed anche ad un impavido allargamento dell’organico con percussioni ed elettronica. Prossima tappa per la Galactic il 22 a Roma.
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